Gli anni ’30 a Castellammare
( nei ricordi dello stabiese Gigi Nocera )
Negli anni “30” nelle fabbriche si effettuava l’orario continuato, cioè si entrava al mattino e fino a sera non si usciva, pranzando sul posto di lavoro; ma non esistendo la sala mensa né tantomeno la cucina, si mangiava dove si poteva: accanto al posto di lavoro, su una cassa di legno, sulle lamiere, su qualsiasi posto dove ci si potesse sedere. Io per quel poco che ho lavorato in cantiere, mi ero trovato un posto su un MAS in disarmo.
Allora esisteva presso il Cantiere una “Scuola allievi operai” dove al mattino si studiavano le materie scolastiche, corrispondenti grosso modo a quelle delle scuole medie con l’aggiunta di una materia tecnica inerente il mestiere che si era scelto: saldatore, carpentiere, tracciatore, ecc. Il pomeriggio il capo-masto in officina insegnava il mestiere. Il mio pranzo consisteva il un “filone” di pane condito con una buona spalmata di sugna che mia madre mi preparava il mattino presto. Naturalmente col passare delle ore, al momento del pranzo, quel condimento così modesto si solidificava e quindi poco appetibile. Allora si prendeva questo pane e lo si poneva, appoggiato ad un pezzo di lamiera, sui carboni ardenti che bruciavano dentro i fornetti che servivano ad arroventare i chiodi che venivano poi ribaditi dai calafati per unire le lamiere che costituivano le fiancate delle navi in costruzione. Insomma un barbecue rudimentale. Col caldo la sugna si scioglieva impregnando di un buon sapore tutto il pane.