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Presepe Stabiano - Anno 1955 (foto Mirabile)

I documenti raccontano

I documenti raccontano

articolo di Massimiliano Greco

Presepe Stabiano - Anno 1955 (foto Mirabile)

Presepe Stabiano – Anno 1955 (foto Mirabile)

Il presepe di Mons. Petagna, una storia che parte dal 1850 anno in cui il giovane Francesco Saverio Petagna viene nominato Vescovo di Castellammare.

Una storia lunga e travagliata che passa attraverso l’unità d’Italia, due guerre mondiali, perdite, manomissioni, gli effetti inesorabili del tempo, il rodio dei tarli e le mani sacrileghe dei “predatori”, citati dal De Seta ne “Il presepe del duomo di Castellammare di Stabia”.

È noto a tutti o quasi, che la sua storia si basa su notizie tramandate oralmente da cultori e appassionati locali.

Da quando ho iniziato ad interessarmi al presepe di Mons. Petagna, ho sempre avuto due obiettivi: il presepe stabile per realizzare un antico sogno di mio padre e la ricostruzione storica, puntuale e documentata.

Il primo obiettivo è stato raggiunto, quanto al secondo, al momento è una chimera.

Purtroppo, mancano documenti relativi all’origine ed alla composizione del presepe e, eccetto rare notizie del primo ventennio del Novecento fornite da qualche documento fotografico, i primi documenti partono dal 1954.

Ma quanti erano veramente i pastori, i numeri che ci tramandiamo, sono reali?

Le fonti orali indicano in 500 il numero dei pastori più un numero imprecisato di finimenti. Ma erano davvero così tanti? E quanti erano i pastori di lontananza, quelli con altezza inferiore a 50 cm?

Sono domande che al momento non hanno risposta.

Ho provato ad immaginare lo spazio occupato da 500 pastori; nella navata centrale della nostra cattedrale, ci sono 44 scanni. Se ne facessimo occupare ognuno da 5 pastori, ne conteremmo 220. E nemmeno occupando i posti a sedere nel transetto, raggiungeremo le 500 unità.

Quindi, la mia personalissima convinzione, magari un domani sarò smentito da qualche storico o da qualche ricercatore dilettante come me, è che siamo molto distanti dalla realtà.

Questa estate, il 16 agosto per la precisione, io e don Antonio spulciando nell’archivio, abbiamo trovato quattro documenti molto interessanti risalenti agli anni 55-62.

Elenco parti anatomiche

Elenco parti anatomiche

  1. Il primo documento, drammatico, scritto alla buona, è un elenco di parti anatomiche recuperate in date diverse ed evidentemente in più punti della chiesa e testimoniano, fanno capire molto più dei racconti di mio padre che per primo, nel secondo dopoguerra, riordinò la collezione, quanto fosse reale quel “cimitero di pastori”, di cui scrissero Antonio Ferrara e Raffaele Bussi nel volumetto “Il presepe ritrovato”. Si menzionano pastori piccoli ma non è specificata l’altezza per cui non sappiamo se si tratta di figure di lontananza di altezza inferiore ai 50 cm, di cui resta un solo esemplare.
Elenco definito “completo” dei pastori

Elenco definito “completo” dei pastori

  1. Il secondo è un elenco definito “completo” dei pastori alla data del 25/12/1961 e risultano appena 46 esemplari. Probabilmente si intendeva quelli disponibili al momento.
Distinta per lavori di restauro

Distinta per lavori di restauro

  1. Il terzo è la distinta per lavori di restauro degli arti realizzati dell’intagliatore Vincenzo Scalzi, lavoro iniziato già nel 1954.
Pastori inviati all’Angelicum

Pastori inviati all’Angelicum (foglio n.1)

Pastori inviati all’Angelicum 2

Pastori inviati all’Angelicum (foglio n.2)

  1. L’ultimo, la distinta dei pastori inviati all’Angelicum, datato il 23 novembre del 1962; in quest’ultimo documento sono dettagliate le parti rotte o mancanti per ogni singola figura e, nel caso dei cavalli e della mucca, scollature e pezzi mancanti.

Il felice ritrovamento di questi quattro documenti ha una grande importanza perché ci consente di fare un po’ di chiarezza, di definire almeno il numero delle figure presenti in Cattedrale negli anni ’60 e stoppare sul nascere voci incontrollate di furti e vendite oltre a polemiche inutili e pretestuose.

Nel catalogo della mostra milanese del 1962, il prof. Stefanucci indica in 150 le figure esistenti, lo stesso fa il Palumbo che nel libro Stabiae e Castellammare di Stabia, riporta in toto quanto scritto dallo Stefanucci un decennio prima.

A proposito del Palumbo e del contenuto del libro citato, perché smentirlo se quanto riporta è un contributo di altri?

Possono essere spariti nel nulla circa 60/70 pastori, è credibile che un presepe grande come quello che ammiriamo nella sala capitolare si sia volatilizzato senza lasciare alcuna traccia? È alquanto improbabile perché i documenti fotografici degli anni 60 e 70 sono disponibili e, eccetto qualche pecora, forse, e il re Moro, secondo la testimonianza autorevole e attendibile di Mario Vanacore smarrito in tempi recenti, non sembra mancare altro. E se andiamo indietro nel tempo e confrontiamo la collezione con le foto di inizio Novecento, sembrerebbe sparito un solo pastore di adorazione.

Quindi, mi sento di affermare che i numeri sono stati sovrastimati, problema ricorrente quando in mancanza di documenti, le notizie provengono da fonti non attendibili.

Stabilire un numero che possa essere congruo è impossibile, sarebbe soltanto un esercizio inutile.

La ricerca continua e magari con un po’ di fortuna, dagli archivi della Curia potrebbe saltar fuori qualche documento sfuggito allo storico stabiese Celoro Parascandolo: “Per quanto si siano frugati gli archivi vescovili, non è stato possibile trovare notizie storiche di questo meraviglioso presepio; e lo stesso dottor Celoro, storico insigne che ha largamente trattato in un volume tutta la storia diocesana di Castellammare di Stabia, assicura, che pur avendo consultato a lungo il materiale esistente in Curia per la cronistoria dei vescovi locali, non ha trovato traccia del presepio. Non è da escludersi che l’inventario che forse conteneva preziose notizie storiche, sia andato distrutto nell’incendio che nel 1922 venne appiccato da elementi sovversivi alla Curia, per cui andarono distrutti buona parte dei documenti degli ultimi due secoli”.1

Ritornando ai  documenti ritrovati, questi ci fanno comprendere quanto importante e meritorio sia stato l’intervento di Giovanni Irollo che oltre vent’anni fa, sollecitato da don Ciro Esposito, con amore, passione ed un impegno economico non indifferente, ha letteralmente riportato in vita, dallo stato comatoso in cui versavano i pastori e, senza il quale, il Presepe Stabile non esisterebbe. Da stabiese e da amante del presepe, non dimenticherò mai il suo atto d’amore per il presepe e la città e gli sarò sempre riconoscente.

Consentitemi di dire che si è rivelato decisivo anche l’impegno di questo gruppo di amici composto dallo stesso Giovanni Irollo, da don Antonino, don Antonio, Maurizio Santoro, Riccardo Scarselli, Gianni de La ville sur Illon, Amedeo la Nave, Pierluigi Fiorenza, Corrado Di Martino e Liberoricercatore, Ottavio Mannara e dal sottoscritto, senza dimenticare la presenza discreta e competente di Mario Vanacore, un vero eroe del nostro presepe, che è riuscito nell’impresa di portare a compimento un progetto nato con il restauro e bloccatosi inaspettatamente; rendere il presepe stabile e fruibile tutto l’anno.

Ora bisogna lavorare per dargli la visibilità. La serata appena trascorsa con padre Enzo Fortunato è già di per sé un ottimo veicolo pubblicitario ma non basta, serve il contributo di tutti gli appassionati e di tutti i cittadini stabiesi.

E speriamo, anche, che gli storici dell’arte si accorgano di questo gioiello e decidano, finalmente, di portare avanti una approfondita campagna di studi, seria e basata su rigidi criteri filologici.

La qualità scultorea di alcune figure è innegabile e sono certo che ci saranno delle belle sorprese.

Questo presepe rappresenta un unicum nel suo genere per numero di figure sopravvissute a quasi due secoli e, forse, rappresenta l’unico presepe ancora esistente, nato a seguito del successo che a partire dal 30 dicembre del 1826, alla presenza del Re, della corte e delle autorità ecclesiastiche, ebbe il presepe di don Placido Baccher, ancora oggi custodito nella chiesa del Gesù Vecchio in Napoli. Successo che ripropose nella Napoli borbonica il gusto per i complessi con figure a grandezza umana.2

Pubblicato il 6 dicembre 2023


Note:

  1. Angelo Stefanucci, Il grande presepio del duomo di Castellammare di Stabia. In: Quinta mostra internazionale del presepio e della Divina Madre, Catalogo della mostra, Angelicum 1962.
  2. Gennaro Borrelli, Il presepe di don Placido, Natale 1969.
Il Presepe Stabile Stabiano

Il Presepe Stabile Stabiano

IL PRESEPE STABILE STABIANO

articolo di Massimiliano Greco

Premessa:

Il progetto del Presepe Stabile Stabiano non è un’operazione nostalgia[1] ma l’inizio di un percorso imprenditoriale che vuole salvaguardare e valorizzare un’opera d’arte patrimonio di Castellammare di Stabia e del territorio circostante di cui rischiavamo di perdere le tracce, un unicum nel suo genere perché nessuna altra città, nemmeno  Napoli che tra le sue immense ricchezze annovera i celeberrimi presepi di Santa Maria in Portico e del Gesù Vecchio, il cosiddetto presepe di don Placido, può vantare un insieme così numeroso di pastori a grandezza quasi naturale.

Il Presepe Stabile Stabiano

Il Presepe Stabile Stabiano (foto Corrado Di Martino)

Da ragazzi camminavamo nel presepe. Era enorme, occupava l’intera navata di destra, dalla cappella di San Catello fino alla cappella di San Michele.

Questo è il ricordo di don Ciro Esposito, ex parroco della Cattedrale di Castellammare di Stabia e promotore del restauro della magnifica e purtroppo poco conosciuta raccolta di pastori databili tra la fine del XVIII  e l’inizio del XIX secolo, statue alte quasi al naturale[2], di grande valore artistico.

Il cosiddetto presepe di Mons. Petagna ha avuto una storia molto travagliata; “oggetto delle mire di popolani ribelli e avidi di danaro, spinti dalla cupidigia e predatori di professione”[3] prima, e dei creditori del presule quando questi passò a miglior vita poi:

“L’eccessivo mecenatismo lo ridusse in stato di indigenza; morì in ristrettezza e sembra che alla morte qualche creditore pretese dalla sorella alcuni pezzi tra i più belli tra cui un cavallo dei Magi, che ora sono solo due”[4].

Emblematica la storia del Bambino Gesù che, ceduto dalla sorella di monsignor Petagna, dopo un lungo giro è rientrato nella proprietà della Curia ed attualmente è in affidamento alle Suore di San Vincenzo.

Bambin Gesù (foto Maurizio Cuomo)

Bambin Gesù (foto Maurizio Cuomo)

Il presepe ha subito i danni indiretti causati da due guerre mondiali, è stato dimenticato, maltrattato, ha sopportato perdite e furti soprattutto dei pastori di secondo piano e di lontananza, quelli più appetibili dai collezionisti, ed è stato oltraggiato con gravissime manomissioni.

Ma, nonostante ciò, è arrivato fino a noi così numeroso, ottanta pezzi superstiti di cui: sessantacinque pastori, tre puttini e dodici animali, compreso i due cavalli, grazie anche alla cura e alla passione di Mario Vanacore, memoria storica della Cattedrale, che li ha protetti e custoditi. Continua a leggere

Il Presepe Stabile Stabiano

Giovedì 19 settembre alle ore 18,30: conferenza stampa di presentazione dell’opera monumentale stabile

A Monsignor Francesco Saverio Maria Petagna1 si devono le origini del Presepe Monumentale di Stabia. La sua collezione di pastori è del XVII-XVIII secolo. L’antico Presepe, per varie vicende non fu più esposto al pubblico.
Oggi, col progetto del Presepe Stabile Stabiano, si ridonerà alla città un’opera d’arte unica nel suo genere. Giovanni Irollo, Maurizio Santoro, Riccardo Scarselli, Massimiliano Greco e Flavio Morvillo, sono i componenti del comitato di lavoro, che su idea di don Ciro Esposito e don Antonino D’Esposito, sulla scorta delle memorie di Mario Vanacore, provvederà alla realizzazione, del Presepe Stabile Stabiano. L’opera monumentale voluta da Francesco Petagna, ritornerà ai clamori culturali degli anni ’60.

Ricordiamo comunque che nel 1919 don Angelo Torre e Domenico Santoro, ripresentarono alla città il Presepe Stabiano. Tutta la navata destra diveniva scenografia della natività. Le maestranze del Cantiere Navale sul progetto scenografico di Domenico Santoro, contribuirono agli allestimenti. Purtroppo gli eventi bellici impedirono le rappresentazioni del Natale stabiese, in tale periodo oscuro della storia del nostro Paese alcuni pezzi vennero danneggiati, altri trafugati. Solo negli anni ’50, la passione e la fede di Antonio Greco (maestro di arte presepiale, la cui passione vive attraverso l’impegno di suo figlio Massimiliano), dopo uno scrupoloso restauro, restituirono l’opera munumentale alla città. Quindi, Don Paolo Cecere, l’avvocato Scarselli e l’allora Direttore dell’Azienda di Cura Soggiorno e Turismo Francesco Pandolfi, nel Natale del ’62, riportarono il presepe monumentale ai vecchi splendori. Terremoto dell’80, abbandono e incuria, inflissero un altro duro colpo al presepio. Ad inizio del terzo millennio, attraverso i finanziamenti di Giovanni Irollo e l’aiuto della Soprintendenza per i Beni Artistici e Storici di Napoli e Provincia, l’opera fu sottoposta ad un nuovo attento restauro.

  1. Monsignor Francesco Saverio Maria Petagna nacque a Napoli il 13 dicembre 1812, fu eletto vescovo di Castellammare di Stabia a 38 anni, rimase alla guida spirituale della Diocesi stabiese per 28 anni, dal 1850 al 1878.

Il presepe di Monsignor Petagna

Mons. Petagna

Mons. Petagna

L’intera redazione del Libero Ricercatore, pubblicando il video che vedrete ha voluto celebrare un doveroso omaggio a Mons. Petagna, che donò alla cittadinanza stabiese, fino ad impoverirsi, un tesoro di inestimabile valore. Monsignor Francesco Saverio Maria Petagna nacque a Napoli il 13 dicembre 1812, fu eletto vescovo di Castellammare di Stabia a 38 anni, rimase alla guida spirituale della Diocesi stabiese per 28 anni, dal 1850 al 1878.
Forse di ideologia filoborbonica, fu allontanato da Pio IX a Marsiglia, dopo l’Unità d’Italia (1860-1866); ivi si pose in evidenza per la sua generosità verso i meno abbienti; per la sua grande preparazione biblica; per il suo amore per chi era lontano dalla Patria. Si disse di lui: – visse beneficando, morì povero. –

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