Una sera ho incontrato Fabrizio De André
di Corrado Di Martino
Fabrizio De André a Castellammare
Era ormai sera avanzata, iniziava a rinfrescare, sapevo di far tardi e quindi avevo indossato un vecchio giaccone stanco, verde militare. Avevo con me la mia Olympus, con il corredo completo di obiettivi e flash, ed una Nikon prestatami da un amico fraterno, Peppe Cannavale, che purtroppo oggi non è più con noi. Dal fondo del lungomare si intravedevano, lontane, le luci di prova del palco sul quale avrebbe dovuto, da lì a poco, esibirsi Fabrizio De André, le note del basso si sentivano durante il check sound. Eccitato avanzai il passo, il palco era stato allestito, sulla spiaggia, molto vicino al lungomare, alle spalle della Cassarmonica, guardando il mare, appena un po’ decentrato sulla destra. Nelle immediate vicinanze c’erano già tutti i miei amici, quelli più importanti: Agostino ed Elvira, Luigi, Liliana ed Antonio, Peppe, appena un po’ distante Silvano, che non si perde mai un evento musicale in città, e Giovanni Somma (forse anche Salvatore Buffolino e consorte, ma non ne sono sicuro). Arrivai che il concerto ancora non aveva avuto inizio, pensai che forse potevo riuscire a fare qualche foto prima del debutto. Qualche dubbio sul fatto che mi facessero accedere liberamente sul palcoscenico, mi convinse a dispiegare tutto l’armamentario fotografico, in modo da sembrare un professionista. Posi entrambe la macchine a tracolla, la Olympus , con lo zoom inserito, in mano come un fucile, e la Nikon appesa al collo pronta all’uso. Detto fatto, dalla scaletta posta sulla destra di chi guarda, provai a salire. Mi riuscì tutto alla perfezione, era lo stesso trucco che avevo praticato nel 1979 in occasione della gara di motocross sull’arenile. Salgo, oltrepasso un amplificatore e dietro di questo mi ritrovo al cospetto di Fabrizio De André, lui mi lancia uno sguardo dai suoi occhiali fumé, nota le macchine fotografiche, e si gira disponibile, forse convinto di avere a che fare con un reporter. Volevo parlargli, all’epoca non mancavo di faccia tosta, e senza perdere tempo, per aprire un contatto gli dissi:– ha visto come è bella la nostra città? – e lui con quel solco che aveva sul viso irregolare ..quella specie di sorriso, mi rispose con cortesia – guarda, dove c’è il mare è casa mia.. –, avrei voluto continuare, e chiedergli se avesse visitato il centro storico con le sue stradine strette e ripide, tanto simili alla Creuza de mà o a Via del Campo, ma mi si avvicinò uno zelante vigile urbano – e sapete come sono zelanti i vigili qua da noi –, che mi prese per un braccio come per allontanarmi, feci finta di andarmene, il cerbero si allontanò. Invece, presi a parlare con uno dei tecnici del suono, mentre si avvicinava il momento di iniziare lo spettacolo.
Fabrizio De André a Castellammare
Il vigile zelante, un ibrido che si incontra solo raramente in città, mai quando c’è un ingorgo (sic!), era ormai dall’altra parte del palcoscenico, mi scorse di nuovo, ma non potendo attraversare la scena per raggiungermi prese a fare dei segni, produsse anche quello classico che si fa mordendosi la mano tesa all’altezza dell’indice scuotendo la testa, non me ne curai, fingevo di non comprendere. Partirono le prime note, iniziai a fare qualche foto. Lo zelante indomito, passando sull’arenile circumnavigò da dietro il ponteggio in tubi innocenti – dal puzzo ho creduto anche che avesse pestato qualcosa di molle –, mi si riavvicinò di nuovo, e mi impose di andar via. Fu allora che sbottai, spazientito contro l’autorità costituita, proferendo in dialetto stretto un grido di protesta per tanto accanimento:– E.. m’he rutt’’e palle!!–. Forse Fabrizio ne rise divertito, forse sono io che ho piacere ad immaginare questo. In buona sostanza, comunque sia andata è stata una serata indimenticabile.