Premessa
“In questi anni ho raccontato tante storie di tanti personaggi della nostra Castellammare, tanti volti, sconosciuti ai più, tanti fatti, pur importanti, ignorati dalla nostra comunità. Ormai siamo un popolo senza memoria, ma grazie a gente tenace come quelli di Libero Ricercatore, come tante formiche che accumulano scorte per fare fronte al lungo inverno, così riusciremo a lasciare tracce della storia della nostra Città e ai pochi o i tanti che leggono lasceremo il testimone della Castellammare che fu e che ci auguriamo continuerà ad essere.
Ora mi permetto di lasciare una storia anomala, di fare un piccolo peccato di vanità, raccontando una storia diversa, quella di un personaggio di cui non faccio mai il nome ma del quale non ci vuole molto a capire chi sia in realtà. A suo modo ha percorso una strada importante, altra gliene resta, spero ancora per molto. In fondo a quelli che non credono in un’altra vita, l’unica speranza di immortalità consiste nel ricordo che riesce a lasciare di sé agli altri. Piccole vanità di piccoli comuni, umani mortali”.
Storia di un sindacalista stabiese
di Raffaele Scala
Venne al mondo un sabato, alle quattro del mattino, a Scanzano, nella casa al primo piano di via Santa Caterina, 17. Era l’anno in cui in Italia iniziarono le prime, timide trasmissioni televisive, la scatola magica destinata a trasformarsi nel nuovo focolare che avrebbe inchiodato sulla poltrona le famiglie di ogni ceto e classe sociale e portato alla chiusura di tante sale cinematografiche. Nacque in quel borgo di origine romana, sul colle del Solaro, allora ancora non offeso dal cemento delle Nuove Terme Stabiane, dall’albergo e dagli altri manufatti, ma fertile terreno coltivato dai contadini che si erano liberati degli antichi latifondisti negli anni successivi al primo conflitto mondiale.
Era il terzo di otto figli, il padre operaio in una fabbrica di legnami, la Rosa Rosa Legnami, e la madre casalinga. Frequentò le scuole elementari al Cicerone, nell’istituto appena inaugurato, le medie alla, Francesco Di Capua, la ragioneria alla Luigi Sturzo e l’Università alla Federico II, dove si laureò in Sociologia.
Racconta una leggenda familiare che tra gli otto figli era il più fortunato, o almeno era questa l’aurea di cui era circondato. Non si è mai saputo il motivo. Secondo la madre questo derivava dal fatto che appena nato era stato preso tra le braccia della bisnonna Nunzia, vedova da 36 anni. E lei ora, in quel fatidico anno della nascita del terzo pronipote, di anni già ne contava 77. Gliene restavano da vivere ancora tredici. Continua a leggere