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All’origine del contratto d’area torrese stabiese (1991 – 1994)

di Raffaele Scala

Caro Maurizio, torno con una nuova pubblicazione di tipo particolare, forse non per tutti. Non più storie e vicende di un secolo fa, ma di straordinaria attualità, l’ultima epopea del movimento operaio stabiese torrese prima del crollo finale, della sconfitta definitiva, non solo del sindacato e della politica, ma dell’intera città, anzi di due Città condannate ad una lenta agonia, come è possibile vedere a partire dallo spettacolo indecente della villa comunale, dell’abbandono della Cirio, dell’Avis, delle Terme, Vecchie e Nuove, degli stessi cantieri navali, per non parlare del degrado morale e civile di una intera classe dirigente, sempre più incapace e corrotta,
Oggi che è caduto anche l’ultimo baluardo della Democrazia Operaia, sconfitta ed umiliata, non resta che rileggere la storia ultima degli anni novanta del secolo appena trascorso, sperando di poter trovare gli stimoli giusti per riuscire a risorgere dalla proprie ceneri.
Sperando che diventi patrimonio di tutti, colgo l’occasione per inviare a te e all’intera redazione gli auguri di serene festività pasquali. 

Raffaele S.

Area torrese stabiese (da google heart)

Area torrese stabiese (da google heart)

Capitolo primo:

Il III Congresso comprensoriale della Camera del Lavoro.  1991

     Anni difficili, ricchi di storia, quelli a cavallo tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio dei Novanta del secolo trascorso. Si comincia in novembre, correva l’anno 1989, con la caduta del Muro di Berlino, segnando uno spartiacque tra vecchio e nuovo secolo. Lo storico marxista inglese, Eric J. Hobsbawm, in un saggio pubblicato nel 1994 definì il Novecento il Secolo breve (1914 – 1989), mentre il politologo americano Francis Fukuyama, più drasticamente, pronosticò la fine della storia facendola coincidere con il crollo dell’Unione Sovietica e del comunismo, intesa come fine delle ideologie e vittoria finale del liberalismo democratico. Continua a leggere

Vincenzo Somma

articolo del dott. Raffaele Scala

Caro Maurizio, consegno a liberoricercatore.it la biografia di Vincenzo Somma, altra bella figura di operaio, militante e dirigente autorevole del Pci e della Cgil, di quando ancora esisteva la vecchia e ormai scarrubata Stalingrado del Sud. La biografia di quest’uomo va oltre il contesto della sua vita pubblica perché vi si affrontano temi delicati dell’essere comunista e delle sue ricadute sulla vita privata. Un tema affrontato da molti scrittori e saggisti, tra cui Ermanno Rea, ma qui potrei citare anche una scrittrice cilena, Marcela Serrano che ha affrontato in un suo bellissimo libro, il tema dell’essere stato comunista, dal punto di visto femminile.

Come sempre con amicizia, Raffaele Scala.


Vincenzo Somma: storia vera di un comunista d’altri tempi

Sono il compagno Vincenzo Somma, di Castellammare di Stabia, nato il 4 settembre 1919. Mi sono iscritto al PCI alla fine dell’anno 1943. Fui spinto ad aderire al PCI più da ragioni umanitarie che per convinzioni politiche, anzi al momento che m’iscrissi capivo poco o niente della politica del PCI. I miei familiari sono contadini, io ho sempre lavorato in fabbrica. All’età di dodici anni compii la 5° elementare e incominciai a lavorare in un pastificio.

Pci 1945

Pci 1945

Comincia così il memoriale scritto da Vincenzo Somma il 30 novembre 1959 e indirizzato alla Commissione di Controllo della Federazione provinciale comunista, come atto difensivo nella diatriba che lo contrappose a Liberato De Filippo, come vedremo più avanti.
Figlio di Carmine e Teresa Malafronte, era il primogenito di sei figli.Ancora ragazzo andò a lavorare all’Avis per sei mesi, il tempo di costruire alcune baracche per la guerra d’Africa, fu poi assunto definitivamente nel 1936, dopo aver frequentato un corso per saldatore elettrico e idroelettrico. Da un anno l’AVIS era stata acquisita dal gruppo Caproni, specializzata nella costruzione di parti d’aereo e il numero dei dipendenti crebbe fino a superare le mille unità, anche per rispondere alle esigenze belliche. In fabbrica prese contatti con elementi del Partito Comunista, tra cui Giovanni Esposito, detto “’o russo”, per il suo attaccamento all’organizzazione rossa. Continua a leggere

Colomba Di Somma

storia di una pasionaria di Castellammare di Stabia

articolo del dott. Raffaele Scala

Colomba Di Somma

Colomba Di Somma

Colomba era una donna di piacevole aspetto con la sua bionda chioma, gli occhi cerulei, il viso ovale, il naso rettilineo, piccola di statura ma non tanto con i suoi 167 centimetri. Un carattere dolce ma fragile, mite, eppure determinata. Cagionevole di salute, durante gli anni dell’adolescenza cominciò a frequentare la locale sede dell’Azione Cattolica, ottenendo vari aiuti in medicinali e viveri che le permisero di rimettersi da una grave malattia, nonché i mezzi economici necessari per frequentare e portare a termine gli studi, conseguendo da privatista il diploma di maestra elementare. In particolare entrò nelle grazie del professor Catello Longobardi, un sacerdote conosciuto frequentando gli stessi ambienti ecclesiastici e che volle aiutare la ragazza dandole lezioni gratuite per premiarla dell’attaccamento dimostrato nei confronti della religione e delle stesse istituzioni religiose.

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Raffaele Gaeta, un socialista stabiese del primo ‘900

articolo di Raffaele Scala

Tessera Partito Socialista (anno 1944)

Tessera Partito Socialista (anno 1944)

Il 26 febbraio del 1944 nella sua casa napoletana di Piazza Bracco, al civico 1, muore a 83 anni, l’avvocato Raffaele Gaeta, uno dei primi e più battaglieri socialisti presenti a Castellammare tra la fine dell’Ottocento e inizio Novecento. L’Avanti!, il glorioso giornale socialista tornato in edicola soltanto alcuni mesi prima, dopo la cacciata dei tedeschi da Napoli e l’entrata degli Alleati il 1 ottobre 1943, non dedica un solo rigo alla sua scomparsa, eppure il direttore, Nino Gaeta, è suo figlio, uno dei protagonisti della rinascita del PSI nell’Italia liberata dall’oppressione nazi fascista. Lo stesso Raffaele era stato, nei primi anni del ‘900, un valente corrispondente dell’organo socialista e al Partito aveva dedicato i migliori anni della sua giovinezza, provando, con passione, energia e notevoli sacrifici a far maturare una sonnolenta classe operaia, imbrigliata e addomesticata da un contesto sociale soffocato dall’opprimente, ramificata presenza della chiesa con i suoi trenta edifici religiosi, tra chiese, cappelle, monasteri, basiliche, santuari e cattedrali, dove si muovevano centinaia di preti, suore, monaci, cappuccini, carmelitani, domenicani, francescani, gesuiti ed altri ancora, in una miscela esplosiva che lasciava poco spazio o nulla a chiunque non si riconosceva in questa religiosità così onnicomprensiva e soffocante nella vita quotidiana della popolazione stabiese, una chiesa in larga misura al servizio non dei poveri e dei bisognosi ma del potere costituito.

In un simile contesto la vita per chi aveva abbracciato una militanza come quella socialista non poteva non essere irta di ostacoli, senza tenere conto della repressione quotidiana operata dalla forza pubblica, al servizio incondizionato della borghesia, salvo rare eccezioni, sempre pronta a intervenire contro le più pacifiche manifestazioni indette dalla sinistra, sciogliendo comizi, operando arresti indiscriminati e intimidendo quanti per curiosità o per simpatia erano presenti. Un potere che schedava e teneva sotto stretta sorveglianza chiunque si iscrivesse a partiti di sinistra, ne frequentasse i militanti, leggesse e ricevesse stampa considerata sovversiva, nonostante fosse legale a tutti gli effetti, come appunto l’organo del Psi, l’Avanti!. Partiti sovversivi, pur nella loro legalità e con ampie rappresentanze parlamentari, erano ritenuti in particolare quello repubblicano, socialista e anarchico, quest’ultimo vero terrore della monarchia. E’ pur vero che il popolo stabiese era sinceramente e profondamente devoto alle idee monarchiche, se non altro per i numerosi benefici ricevuti prima dai Borbone e poi dai Savoia e perché il primo e più importante polo industriale cittadino, il Regio Cantiere Navale capace di dare lavoro ad oltre duemila operai era un industria di stato, con tutti i limiti ed i vincoli che questo comportava.

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I comunisti stabiesi e la scomunica della Chiesa del 1949

( articolo del dott. Raffaele Scala )

la scomunica ai comunistiIn ossequio al clima di guerra fredda che dalla fine del conflitto aveva separato il mondo in due campi contrapposti, comunisti contro capitalisti, Stalin contro Truman, Pio XII contro il grande Totò, pontificando che la livella non esiste neanche dopo morti, il 1° luglio 1949, con un decreto della Congregazione del Sant’Uffizio, si faceva avviso che: faceva peccato grave e non poteva essere assolto chi era iscritto al Partito Comunista, chi ne faceva propaganda in qualsiasi modo, chi votava per esso e per i suoi candidati. chi scriveva, leggeva e diffondeva la stampa comunista, chi rimaneva nelle organizzazioni comuniste: Camera del Lavoro, Federterra, Fronte della Gioventù, CGIL, Unione Delle Italiane, Associazione Partigiani Italiani, era scomunicato e apostata, chi, iscritto o no al Partito Comunista, ne accettava la dottrina atea e anticristiana; chi la difendeva e chi la diffondeva. Queste sanzioni erano estese anche a quei partiti che facevano causa comune con il comunismo. Il decreto con fine intelligenza teneva però a specificare che: chi in confessione tace tali colpe fa sacrilegio: può invece essere assolto chi sinceramente pentito rinuncia alle sue false posizioni. Laddove prevalsero gli integralismi, né conseguirono tragicomiche vicende di funerali trasformati in lotta politica con preti che rifiutavano di benedire le salme, giornalisti di parte che si lanciavano in campagne di stampa, democristiani e comunisti che coglievano l’occasione per tirare acqua al proprio mulino. Di seguito raccontiamo due piccoli episodi accaduti nella Stalingrado del Sud, nei primi anni Cinquanta, una Castellammare di Stabia che oggi non esiste più:  Continua a leggere