( a cura di Antonio Cimmino )
Varo del vascello Capri (autore ignoto).
Il vascello CAPRI, fu varato nel Regio Cantiere navale di Castellammare, il 21 agosto 1810.
Costituito da uno scafo in legno con carena foderata in rame (per la protezione dall’acqua marina e dai parassiti), la nave aveva tre ponti. I 74 cannoni ad avancarica ed a canna liscia, erano sistemati in batteria: una scoperta sul ponte e due coperte. Possedeva tre alberi a vele quadre (trinchetto, maestro, mezzana) e il bompresso a prua (albero sporgente ed inclinato di circa 30° rispetto alla superficie del mare). Andò in disarmo il 1847 e poco dopo fu venduto a Napoli per essere demolito.
L’immagine a corredo (rappresentante l’operazione di alaggio) dipinta da ignoto nel 1843, è un acquerello che si trova a Napoli nell’ex Comando in Capo del Dipartimento Militare del Basso Tirreno di Via Cesario Console (Comando soppresso con D.L. g.vo 464/1997).
Si nota il nuovo scalo di alaggio e, in secondo piano, i capannoni per l’alloggio delle lance cannoniere (lancioni) inseriti tra due edifici adibiti a magazzino.
La curiosità: l’unità fu costruita sotto il regime di Gioacchino Murat (decennio francese 1806-1816), il 10 maggio 1843, fu tirato a secco nello scalo di alaggio del cantiere di Castellammare utilizzando ben 2.400 uomini. I 1450 operai del cantiere furono aiutati in tale operazione da 320 uomini dell’equipaggio del “Vesuvio”, 242 della fregata “Regina”, 242 del “Partenope” e 146 della “Isabella”. Furono usati 8 argani cosiddetti a “Barbotin” cioè con tamburo ad impronta, costruiti dalla Ditta Lorenzo Zino & Henry di Napoli.
Cenni di architettura navale:
Il vascello da 74 cannoni comparve sullo scenario marittimo verso la fine del ‘700 e rappresentò un compromesso tra la potenza delle artiglierie e la manovrabilità rispetto alle precedenti unità armate con 100 cannoni ma meno evolutivi. Generalmente i cannoni più pesanti (fino a 4 tonnellate) erano sistemati sul ponte principale, sul ponte inferiore in batteria coperta, dai quali sparavano palle da 32 libbre, mentre i più leggeri, in batteria scoperta sul ponte di coperta, sparavano palle da 18 libbre. Il rinculo era assorbito dal movimento delle ruote dell’affusto. Alcuni vascelli, inoltre, avevano due cannoni da 12 libbre sul castello di prora (cannoni detti “in caccia” per colpire le navi in fuga) e 4 da 32 libbre sul cassero a poppa, detti “in ritirata” per bloccare la nave inseguitrice. Questi cannoni erano più lunghi ed avevano una migliore precisione. Le carronate erano cannoni con canna più corta, meno pesante e servita da meno uomini: in battaglia era più facile da caricare (a mitraglia) e da puntare; servivano per l’arrembaggio.
Un’altra caratteristica delle unità in legno era rappresentata dalla carena ramata, altra innovazioni inventata in Gran Bretagna. Precedentemente la protezione contro la corrosione era ottenuta dipingendo, in più mano, la carena con una miscela di zolfo, sego, minio, olio di pesce e catrame e, alla fine, una passata di catrame minerale. Questo conferiva ai velieri il caratteristico colore nero con una fascia bianca o gialla in corrispondenza dei portelloni di murata dei cannoni.
Note:
Le informazioni contenute nella presente scheda sono tratte da: Radogna L., op.cit.; Formicola A. – Romani C., L’industria navale di Ferdinando II di Borbone, Casa Editr. Fausto Fiorentino, Salerno, s.d., pag. 52; Cosentino A., Vascello da 74 cannoni, in Sullacrestadellonda.it.
Per approfondimenti scrivere a: cimanto57@libero.it