Archivi tag: ricordi castellammare

Antonio Gargiulo libro, Oltre la forma il segno, Nicola Longobardi editore

L’incontro

L’incontro

di Silvestro Migliorini

Antonio Gargiulo libro, Oltre la forma il segno, Nicola Longobardi editore

Antonio Gargiulo libro, Oltre la forma il segno, Nicola Longobardi editore

A Castellammare d Stabia, ho conosciuto per caso Antonio Gargiulo, poeta, pittore e scultore. Era seduto davanti ad una gelateria del lungomare con un quaderno tra le mani, faceva alcuni schizzi ad un’affascinante modella bruna.

Il contatto che si era creato tra l’artista e la modella era così intenso che lo si poteva vedere ad occhi chiusi, tuttavia non si capiva quanto l’uno si servisse dell’altro, sembrava una scena di caccia, il gioco crudele del gatto e il topo, in cui il predatore usa mille astuzie per catturare la sua preda e poi si sa come va a finire.
Mentre mi alzavo per andare via gli chiesi semplicemente: “Posso salutarti?” Mi tese la mano e diventammo amici. Che bella sensazione provai, parlare ad un amico che fino a pochi minuti prima non sapevo che esistesse! E’ questa la cultura che fa spessore, la cultura del Sud!
La modella ubbidendo ad una muta intesa, si era messa in paziente attesa. Ad un certo punto, proposi spudoratamente di fare qualche schizzo da scambiare a ricordo dell’incontro. Spudoratamente perché le mie due figure che realizzai risultarono due sgorbi. Non avevo previsto il tremore alle mani che si era accentuato per l’emozione e per il mio malanno. Egli capi! E’ un artista sensibile che legge là, dove gli altri non possono vedere.
E’ stato così che ci siamo scambiati i nostri segni. Ci siamo lasciati come c’eravamo incontrati mentre la modella ripigliava il suo posto ricominciando il gioco affascinante.
Mentre mi allontanavo chiesi scusa mentalmente per essere stato testimone… involontario. Gli artisti vedono e sentono là, dove gli altri non possono!
Silvestro Migliorini

Castellammare di Stabia, lì 15 agosto 2010

‘E stufe a rena

‘E stufe a rena
di Ferdinando Fontanella

Il naturalista stabiese Ferdinando Fontanella scrive di suo nonno, lo scritto, racconta in modo semplice e veritiero uno spaccato di vita stabiese.

Il Lungomare con la sabbia Vulcanica

Il Lungomare con la sabbia Vulcanica (coll. Catello Coppola)

Peccato per tutte quelle erbacce e quella immondizia, adesso che questa spiaggia era diventata così grande sarebbe stata il posto ideale per fare delle belle e salutari “stufe a rena”. A questo pensava Mastu Ciccio ogni qualvolta gli capitava di fare quattro passi lungo l’arenile di Castellammare. Immaginava i punti dove sarebbe stato più opportuno scavare le buche, si dilettava a calcolare quante persone avrebbero potuto beneficiare di quella sabbia calda e asciutta. Curarsi con le sabbiature, o per dirla con un termine medico che aveva sentito da un professore, la psammoterapia era, un tempo, uno dei grandi vantaggi che offriva la sua città. Una cura semplice e gratuita per guarire o alleviare i reumatismi, le artrosi. Un toccasana soprattutto per la gente più povera che per campare faceva lavori logoranti, mangiava poco e viveva nei bassi, case piccole e umide al piano terra o nei seminterrati dei palazzi del centro antico dove raramente arrivava il sole Un lungo e piovoso inverno passato in queste condizioni spesso lasciava profondi segni nello spirito e nel corpo. Segni dolorosi che solo l’arrivo della calda estate, del sole, dell’aria di mare e della sabbia potevano mandare via. Una sabbia costituita da un miscuglio di minerali unico al mondo, una ricetta i cui ingredienti erano stati portati dal vicino Vesuvio, dal Fiume Sarno e dai circostanti monti calcarei come il Faito. Una sabbia ricca di preziosi minerali che il sole asciugava e riscaldava fino ad una temperatura di 50-60 gradi. Continua a leggere

Don Giacinto ‘O Presebbio

Don Giacinto ‘O Presebbio

di Antonio Greco

( articolo del compianto M° presepista stabiese, Antonio Greco,
pubblicato sulla rivista “il Presepe” numero 66 di giugno 1971 )

presebbio

Presepe napoletano: particolare della “Natività” (opera del M° Opera del M° Antonio Greco)

Don Giacinto “o presebbio” (scherzoso nomignolo affibbiatogli dagli amici intimi), era un modesto funzionario della R. Dogana, conduceva una modesta esistenza tra casa e ufficio. Un sigaro lo fumava volentieri, ma quando glielo offrivano, altrimenti non c’era verso che varcasse la soglia del tabaccaio.
Si imponeva un itinerario fisso tra casa e lavoro senza l’uso del tram, ma, se usciva dal suo abituale, faceva volentieri una passeggiata a fine mese verso S. Biagio dei Librai a curiosare sulle soglie dei fondachi di S. Gregorio Armeno: là spendeva tutti i risparmi di un mese 2.50 o al massimo 4 lire acquistando qualche figurina eccezionale o alcuni accessori o qualche animale finemente trattato.
Fatto l’acquisto si avviava felice verso casa e a chi bene lo conosceva, passando diceva: sono andato a comprare la mia razione di “toscani” e l’altro ammiccando al pacchetto maliziosamente di rimando diceva: “Don Giacì sempre ‘o presebbio!..”.

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Castellammare anni '80 (stabilimento bagni acqua ferrata)

Gli stabiesi raccontano la loro Castellammare

Gli stabiesi raccontano la loro Castellammare

a cura del dott. Carlo Felice Vingiani

In questa pagina, invitiamo i lettori a commentare con le proprie memorie (ricordi ed eventuali aneddoti), i luoghi o i personaggi ritratti nelle immagini che di tanto in tanto avremo cura di pubblicare su liberoricercatore.it.

N.B.: gli interventi postati sulla pagina facebook di LR, più interessanti e pertinenti, saranno riportati sul nostro portale, a corredo delle foto pubblicate.


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Viale Europa anni ’50

viale Europa anni ’50

Libero Ricercatore: Da questa cartolina d’epoca apparentemente poco significativa ad un occhio distratto, possiamo notare la trasformazione urbana che ha delineato nel tempo l’attuale Viale Europa. Continua a leggere

l'acquajuolo

Ll’acquaiuolo

Ll’acquaiuolo

di Vincenzo Izzo

l'acquajuolo

l’acquajuolo

Io pe mestiere faccio ll’acquaiuolo, e vengo ll’acqua fresca ‘e sta città, città ca ‘e ll’acqua è ‘a rigina! È ‘nu mestiere antico ca ce simmo tramannate ‘a pate a figlie, è ‘nu mestiere nobbele e cu tanta umanità. Se n’è sanata gente cu st’acqua miracolosa! ‘A gente vene addu me cu fiducia, manco fosse ‘nu duttore, basta ca me dice chello ca tene, po’ saccio io comme l’aggio aiutà’. ‘O merito, certamente, va dato tutto all’acqua, alla natura, a Ddio, ca ha criato tutta sta ricchezza ‘e sta città, però ‘nu poco datelo pure a me ca dint’‘a stu mestiere ‘nce so’ nato e ‘o faccio cu competenza e professionalità! So’ quase cinquant’anni ca faccio ll’acquaiuolo, me pare ajere, ‘e vvote penzo a quanno accumminciaje, a quanno ‘nzieme a patemo scennevo a faticà’. Ricordo ca ‘a sveglia era ‘e cinche, e comme era pesante… mia mamma me scetave cu ‘na tazza ‘e latte cavero e ‘nu tuozzo ‘e pane tuosto ca pe se spognere, ‘e latte ‘nce n’avesseno vuluto litre e litre! ‘A carretta ‘nce aspettava cu quatto o cinche damiggiane vacante; jevemo ‘e terme a piglià’ ll’acqua, e doppo, p’‘o vennere scennevemo dint’‘e vasce, e comme pesava ‘a carretta pe me ca ero ‘nu guagliunciello! Purtroppo s’aveva fa’; a casa mia ‘nce steva poco e niente ‘e figlie erano assai e po’ ‘nce steva pure ‘a guerra. Continua a leggere