Archivi tag: ricordi castellammare

Il Bar Petagna di Castellammare di Stabia (foto d'epoca).

Il bar Petagna

Il bar Petagna
di Gianna Petagna

Sono Gianna Petagna, mi complimento con tutti voi per il sito, le foto e tutto ciò che pubblicate. Sono di Castellammare, dove ho ancora mia sorella con la sua famiglia che vi abita, io invece vivo a Pomigliano D’Arco.
I miei genitori avevano un bar al corso Vittorio Emanuele: dove ora vi è un negozio di cornici allora era il famoso bar Petagna, di fronte alla “Casa del Fascio” e al Supercinema, avrei un paio di foto del bar che mi piacerebbe vedere pubblicate, se sei interessato te le invio con qualche informazione aggiuntiva. Grazie e buon lavoro.

Gianna Petagna.

Il Bar Petagna di Castellammare di Stabia (foto d'epoca).

Il Bar Petagna di Castellammare di Stabia (foto d’epoca).

In foto, riconosco mio padre più giovane, è sulla porta con la camicia bianca e il bar è ben visibile e credo che sia del periodo in cui erano arrivati gli americani. Mia madre Maria conobbe mio padre Salvatore proprietario del bar Petagna, erano tutti e due vedovi con un figlio ciascuno e dopo hanno avuto 2 figlie, mia sorella Marisa ed io.
Mamma collaborava molto con papà, la mattina presto apriva lei (alle ore 6) e poi scendeva mio padre, mi ricordo che mi portava nel passeggino e già da giovanissima ho partecipato alla vita del bar costantemente, la sera si chiudeva molto tardi, allora erano in pochi i bar, c’era Fontana, molto dopo si aprì Cirillo (al Corso), noi eravamo vicini al garage e pompa di benzina degli Ingenito, mia madre era stata sposata con un Ingenito.
La nostra attività era molto fiorente, presso di noi stazionavano i proprietari delle auto che allora venivano prese in affitto con o senza autista. Il nostro locale servì da centro per le cabine telefoniche. Da noi erano di casa i componenti della famiglia “Di Somma” (Catello e figli), ma l’ambiente era molto tranquillo. Continua a leggere

La visita di un amico

nei ricordi di Massimiliano Greco

A destra il Presidente Francesco Paolo Bonifacio (foto archivio fam. Greco)

A destra il Presidente Francesco Paolo Bonifacio (foto archivio fam. Greco)

Nel corso di una delle mostre natalizie, venne a farci visita l’allora presidente della Corte Costituzionale Francesco Paolo Bonifacio, Stabiese DOC e politico di alta levatura morale.
Siamo nella seconda metà degli anni ’70, i cosiddetti anni di piombo.
Il rione Spiaggia dove abitavamo era tutto sommato tranquillo; nulla di eclatante a parte qualche litigio dovuto a qualche “capa scarfata” e le scorribande di una “chiorma ‘e fetienti” quali eravamo. Qualche personaggio un po’ naïf e tanta brava gente. Continua a leggere

‘O Vuttaro

Antichi mestieri stabiesi

Conoscere il micro-passato (il normale quotidiano soggettivo) può essere utile a capire la crescita economica e culturale di una intera popolazione. Questa modesta ricerca degli antichi mestieri (estinti e sopravvissuti), potrebbe aiutare a delineare con più chiarezza una parte dimenticata di vita stabiese vissuta.

Maurizio Cuomo


‘o Vuttaro
( a cura di Maurizio Longobardi )

Introduzione dell’autore
A distanza di qualche annetto torno su questa rubrica per portare un brandello di collaborazione. Da qualche giorno ho ripreso, nelle pause del lavoro, a scivolare tra le pieghe di questo bellissimo sito per annusare l’aria, sentire il sapore, vedere scorci, ascoltare le voci della mia amata terra. E così mi sono imbattuto nella rubrica “Antichi mestieri”, densa di godibile materiale.
Rimuginando, poi, ho recuperato un ricordo della mia adolescenza che, credo, sia degno di una menzione all’interno del decalogo da Voi elaborato.

I Costuttori di Botti, in dialetto napoletano i Vuttari

I Costuttori di Botti, in dialetto napoletano i Vuttari

‘O Vuttaro ( il bottaio, ovvero l’artigiano che fabbrica le botti )

Voglio ricordare che Castellammare ha avuto un suo “epigono” esperto di tale attività, uno degli ultimi in Campania e forse in tutta l’Italia del Sud. Il personaggio in questione, ma sul nome i miei ricordi sono vaghi, tale Don Ciro o Don Ciccio… (un nostro visitatore, Umberto Pepe, avendo letto con attenzione il presente articolo, a onor di cronaca, ci comunica in data 07/05/08, che l’artigiano in questione si chiama Mario Esposito, oggi ottantenne che vive tutt’ora in via Raiola, accudito amorevolmente dalla propria moglie Lucia De Martino e dai suoi tre figli, Luigi, Roberto e Lucia), è rimasto in attività fino ai miei 18-20 anni (oggi ne ho 44 ahimè!!!) ed operava in via Raiola che in illo tempore era meglio nota come via Napoli o, più espressivamente, “‘A via d’‘o cimitero) più o meno all’altezza del civico 19, ma sul lato opposto della strada (in sintesi, abitava ed operava di fronte casa mia, attuale residenza dei miei cari vecchietti). Continua a leggere

Zingone Giuseppe

Gente semplice, vite eroiche

Gente semplice, vite eroiche

di Giuseppe Zingone

Questo è il racconto della vita di mio nonno, Zingone Giuseppe

Giuseppe Zingone

Giuseppe Zingone

gente semplice, povera, preoccupata più dell’oggi che del domani è una storia breve, per sommi capi, però completa e non vorrei rimanesse tra le mie carte. Sapete a volte si sente il bisogno impellente di completare qualcosa ed era giunto il momento anche di questo scritto.  Proverò anche a lasciarLo  parlare, una voce di un altro tempo, giunta a me tramite  una registrazione su musicassetta; erano gli anni Settanta del secolo scorso quando un cugino di mio padre Zingone Vincenzo, un (liberoricercatore ante litteram) salvò brevi racconti della sua vita, io ne ho recuperato l’audio trasformandolo in file mp3, purtroppo la qualità non è delle migliori ma comprensibile (a causa di un fruscio e delle voci di sottofondo) e chiara a  sufficienza.

Mio nonno, nacque a Castellammare di Stabia, l’otto luglio milleottocentonovantotto, da Vincenzo, la cui professione era gallettaro e sua moglie Maria Celoro, una filatrice,1 una moltitudine di figli, vista la numerosa prole, composta da nove maschi e due femmine come era buon costume nelle famiglie di un tempo e della nostra Città. A questo riguardo potrebbe essere utile rileggere il testo di Gigi Nocera su ” I figli “.

Il Cognulo

Il Cognulo (foto Giuseppe Zingone)

Da quello che ricordo da bambino e dalle parole di mio padre, tutti quelli che portavano il cognome Zingone, vivevano alla salita Cognulo, un vico ad imbuto che terminava con una copertura oggi inesistente, perché abbattuta dopo il terremoto e che si riversava come un fiumiciattolo in via Santa Caterina. Il ricordo di questo vicolo mi attraversa le ossa iniettandomi quella umidità che  mette i brividi addosso. Questa piccola discesa un giorno fu testimone dell’amore nato tra una zia di mia madre Teresa e un soldato americano.

Come quasi tutti i bambini di un tempo dopo pochi anni di vita, mio nonno si risvegliò già adulto, spinto ad adoperarsi per le necessità della numerosa famiglia insieme ai fratelli.

Incombeva sui giovani della classe 1898 lo spettro della Prima Guerra Mondiale, ed il nonno fu imbarcato sulla Regia Nave Varese dal 5 Febbraio 1918, al 7 Febbraio 1920, così da foglio matricolare.2 Continua a leggere

  1.  Estratto per Riassunto di nascita, Anno 1898, numero d’ordine 574, Comune Castellammare di Stabia
  2.  Foglio Matricolare di Zingone Giuseppe, numero matricola 77723, Ministero della Difesa, Direzione Generale per il personale militare, V° Reparto/13Divisione/4Sezione classi anziane
Gita Scolastica III A

L’Istituto Tecnico Industriale Leonardo Fea

L’Istituto Tecnico Industriale Leonardo Fea di Castellammare di Stabia

a cura di Luigi Totaro, ex alunno

Visita d’istruzione alla Pirelli, 2 Anno di Corso, 1964

Per qualificare le Maestranze dei Regi Cantieri Navali di Castellammare di Stabia, fu sentita l’esigenza di istituire una scuola specifica, che nacque, probabilmente, nel “Trentennio”. L’edificio si trovò, all’inizio, al centro del Cantiere Navale. Giuridicamente era una scuola professionale, di durata triennale. Fu frequentata tra gli altri, dai fratelli Cuomo Vincenzo e Antonio, di Gragnano, figli del fu Alfonso, già fabbro ferraio nei Cantieri Navali, defunto nel 1932 e dai fratelli Salvatore e Ciro Serrapica, ora defunti, e figli del Capo squadra Catello, questi ultimi della frazione Messigno di Pompei. In un secondo momento la Scuola divenne Istituto Tecnico Industriale di durata quinquennale e assunse, credo, allora, la denominazione di “Leonardo Fea”. Essa non dipendeva dal Ministero della Pubblica Istruzione, ma dall’Ente IRI Naval Meccanica, ed ebbe la sede posta all’entrata del Cantiere Navale. Il fabbricato oggi è occupato dai terremotati. A volere quest’Istituzione fu il suo fondatore, il Prof. Luigi Greco che fu anche l’anima della Scuola stessa. Noi alunni, in perfetta tuta blu, abbottonata fino al collo e con la targhetta in alluminio sul taschino con la scritta “I.T.I. L. Fea”, disciplinati e corretti, entravamo nelle aule per le lezioni antimeridiane, previa “rivista” del Preside che, se la tuta non era in ordine o era sbottonata… “domani vieni accompagnato” diceva il Preside… “Preside, ma io…”, “..un giorno di sospensione”, “ io volevo solo dire…..”, “…allora due giorni di sospensione” ; il ciuffo dei capelli era un po’ troppo evidente,…un taglio con le forbici da parte del Preside e tutto era sistemato! Chi non resisteva a quella disciplina o era bocciato entro i primi tre anni, abbandonava la Scuola per un’ altra; si poteva ripetere una sola volta o il quarto o il quinto anno. Dopo la didattica mattutina, si andava a mangiare alla mensa aziendale verso le 13,30. “Il cibo non è di mio gradimento, non mi piace il minestrone!” e il Preside che vigilava con i suoi assistenti, faceva mettere nel piatto un’altra porzione… Dopo la pausa pranzo e un po’ di ricreazione, vicino al mare, le lezioni riprendevano nei reparti del Cantiere stesso: Fucina al 1° anno, Macchine Utensili nel 2° e 3° Corso, e, negli ultimi due anni, l’esperienza diretta nella grande Sala “a tracciare”, dove sulle lamiere si disegnavano parti delle sagome delle fiancate delle navi in scala 1:1, che poi passavano al taglio con la fiamma e successivamente montate sullo “scafo” sorrette dalle gru e opportunamente saldate. Severità, autorevolezza…, non credo,… con il passare del tempo avevamo imparato a cogliere, in quello stile di vita del nostro Preside, la finalità educativa e didattica ( mi sto esprimendo, ora, con la deformazione professionale di trent’anni di insegnamento di matematica e scienze nelle scuole medie) e, quando eravamo giunti alle soglie del Diploma, diventava sempre più trasparente l’affetto di padre che il Prof. Luigi Greco nutriva per noi; infatti, non solo avevamo imparato a mangiare il minestrone della mensa, ma a lui ci affidavamo per lenire il patema dell’Esame di Stato, in cui si portavano tutte le discipline e un po’ anche del programma del triennio. Durante l’anno si eseguivano visite d’istruzione in alcuni stabilimenti. Finito l’anno scolastico tutti andavano in gita a Torregaveta e si pranzava alla “Casina Rossa”.

Gita Scolastica III A

Gita scolastica a Torregaveta: 3° Anno, 1965: la mia classe 3 “A” attorno al Preside Greco, staccato con gli occhiali il Prof. Cacace di Matematica.

Il gruppo con il docente di Inglese Professor Tarallo

Il gruppo con il docente di Inglese Professor Tarallo

Il gruppo con la docente di Italiano la Professoressa Mangia Rosetta.

Il gruppo con la docente di Italiano la Professoressa Mangia Rosetta

Alcuni allievi della III A

Alcuni allievi della III “A”: Gargiulo Giovanni di Piano di Sorrento; Persia Alessandro, Barba Mario, Nocera Raffaele, Russo Antonio, Legno Alfredo tutti di Castellammare di Stabia; al centro Luigi Totaro di Gragnano e infine Porpora Vittorio e Vingiani Salvatore di Castellammare

Per la festa del Mak pi 100

Biglietto d’invito, il Preside che ci salvava dalla Commissione esaminatrice

Per la festa del Mak Π 100, solevamo, sul biglietto d’invito, porre sempre lo stesso tema grafico.

Nell’anno 1967 quando mi diplomai, gli alunni delle sole due quinte “A” e “B” mi affidarono il bozzetto che qui riporto.

All’interno del biglietto noi diplomandi del “Fea” aggiungemmo:

Or che trepidando in quest’attesa
ci prepariam per la fervente ascesa
volgiam la testa in sù
mirando il capo bianco
che per un lustro o forse più,
ha detto no alle nostre virtù:
chiome accorciate, scarpette fidate,
libri venerati, divertimenti scordati.
Angoscie e delusioni, provette sospensioni,
abbiam di che riempire i muri di un salone,
abbiam di che creare una gran confusione
che tutti quanti investa
nel corso della festa.

Si andava al “Mak Pi” in abito scuro e con damigelle “pescate” tra le sorelle o cugine giacché l’Istituto era solo maschile.
Conseguito il Diploma, l’inserimento era facile, la Commissione Esaminatrice (composta anche da membri dirigenziali dei più grandi Cantieri navali italiani) e il Preside indirizzavano i diplomati nelle industrie cantieristiche.
Io stesso ebbi l’invito nei primi d’agosto del 1967 a recarmi a Monfalcone (Trieste) come disegnatore navale. Non accettai perché mi scrissi a Scienze Naturali conseguendo la Laurea nel 1972.
Dopo il 5° anno c’erano due Corsi di Perfezionamento: in Costruzioni Navali Metalliche e in Macchine Termiche. Gli allievi che si arricchivano di queste successive conoscenze, erano pagati, come mi racconta il Prof. Dott. Albertino Sabatino di Messigno, ora in pensione, che frequentò anche il sesto anno e, in merito, riceveva, verso la fine degli anni cinquanta, lire 50 mila mensili. I Corsi finivano con una gita gratuita a Corinto in Grecia.
Il Diploma era abilitante ed era, se non erro, l’unico abilitante per l’insegnamento delle discipline tecnico-pratiche nei Professionali.
Dopo la Laurea ho qualche volta scritto al Preside che non solo mi ha risposto, ma ha rivelato la sua gioia di aver visto tanti suoi “figli” realizzati.
In una sua risposta, di cui accludo la missiva, si può leggere:

“Carissimo prof. Totaro, con infiniti Auguri per te ed anche per i tuoi cari, rispondo alla tua lettera giunta il 30/6 (per il S. Luigi del 1980). Grazie di cuore per le tue parole affettuose che paternamente ricambio come sempre a tutti gli allievi del “FEA” che ricordano ancora il preside padre. A te, sempre tantissimi Auguri per il tuo avvenire. Luigi Greco”.

Il mio avvenire”, che mi era stato augurato, è dipeso anche da quelle prove, da quei piccoli, ma importanti sacrifici a cui ci ha abituato l’amato Preside Greco…
Noi alunni del “FEA”, forgiati dal carisma del suo fondatore, e dagli insegnamenti di ingegneri, a volte, superlativi, non siamo stati più fortunati degli altri, ma abbiamo imparato a superare gli ostacoli con più facilità e con l’aiuto di Dio. Se oggi, tranquillamente, con i capelli grigi viviamo gli albori del terzo millennio, dobbiamo essere riconoscenti anche a coloro che, come il Preside Luigi Greco, negli anni trascorsi al “Leonardo Fea” hanno saputo plasmare i nostri animi al bene, lavorando e insegnando con onore, senza medaglie, ma con in mano il cuore.

Anno 2004 alcuni anni dopo riuniti grazie all’interesse di Aiello Andrea

Anno 2004 alcuni anni dopo riuniti grazie all’interesse di Aiello Andrea1

Anno 2004 – alcuni anni dopo riuniti grazie all’interesse di Aiello Andrea2

Anno 2004 – alcuni anni dopo riuniti grazie all’interesse di Aiello Andrea3