Archivi tag: ricordi stabiesi

‘E stufe a rena

‘E stufe a rena
di Ferdinando Fontanella

Il naturalista stabiese Ferdinando Fontanella scrive di suo nonno, lo scritto, racconta in modo semplice e veritiero uno spaccato di vita stabiese.

Il Lungomare con la sabbia Vulcanica

Il Lungomare con la sabbia Vulcanica (coll. Catello Coppola)

Peccato per tutte quelle erbacce e quella immondizia, adesso che questa spiaggia era diventata così grande sarebbe stata il posto ideale per fare delle belle e salutari “stufe a rena”. A questo pensava Mastu Ciccio ogni qualvolta gli capitava di fare quattro passi lungo l’arenile di Castellammare. Immaginava i punti dove sarebbe stato più opportuno scavare le buche, si dilettava a calcolare quante persone avrebbero potuto beneficiare di quella sabbia calda e asciutta. Curarsi con le sabbiature, o per dirla con un termine medico che aveva sentito da un professore, la psammoterapia era, un tempo, uno dei grandi vantaggi che offriva la sua città. Una cura semplice e gratuita per guarire o alleviare i reumatismi, le artrosi. Un toccasana soprattutto per la gente più povera che per campare faceva lavori logoranti, mangiava poco e viveva nei bassi, case piccole e umide al piano terra o nei seminterrati dei palazzi del centro antico dove raramente arrivava il sole Un lungo e piovoso inverno passato in queste condizioni spesso lasciava profondi segni nello spirito e nel corpo. Segni dolorosi che solo l’arrivo della calda estate, del sole, dell’aria di mare e della sabbia potevano mandare via. Una sabbia costituita da un miscuglio di minerali unico al mondo, una ricetta i cui ingredienti erano stati portati dal vicino Vesuvio, dal Fiume Sarno e dai circostanti monti calcarei come il Faito. Una sabbia ricca di preziosi minerali che il sole asciugava e riscaldava fino ad una temperatura di 50-60 gradi. Continua a leggere

Sant'Anna

Jolanda e la sua Sant’Anna

articolo di Enzo Cesarano

Sant'Anna

Sant’Anna

Questa storia minima è ambientata nella Licerta1 del secondo dopoguerra, dove viveva Jolanda, madre di 11 figli, di cui: 6 femmine e 5 maschi. Le femmine erano già sposate tranne l’ultima, Concetta, ma il tempo del matrimonio venne anche per lei, infatti, si sposò col pancione. Il periodo di gestazione era quasi al termine e subito si aprì una discussione tra Jolanda e il genero, il motivo era che tutte le altre figlie avevano partorito nella sua casa non perché era molto grande o spaziosa, ma perché era protetta da una statua enorme di sant’Anna, una icona molto miracolosa, che lei custodiva gelosamente nella sua stanza da letto. In effetti, la prima cosa che si notava, se entravi in quella stanza da letto, era la grande statua di Sant’Anna, di circa 90 centimetri d’altezza, poggiata su una base in legno dorata, era situata su un mobile che in origine doveva essere stato un cassettone per la biancheria, un pezzo di arredamento che ormai era diventato un tutt’uno con la statua, ed aveva, secondo Jolanda, la sua  parte di divinità. Il motivo del disguido fra i due era che il marito di Concetta aveva imposto alla moglie di non partorire a casa della mamma, ma nella propria abitazione e ciò fu l’origine delle tante discussioni, nonostante ciò gli sposi erano fermi nella loro decisione e cosi fu! Quando i dolori incominciarono Concetta fu circondata sia dell’aiuto delle sorelle che dall’amore di sua madre, insieme alla quale le procurarono prima di tutto l’occorrente necessario, poi chiamarono l’ostetrica più conosciuta di allora: ‘a cummara Consalvo, che già aveva aiutato a partorire le altre sorelle. Insomma, tutto era pronto, l’ostetrica faceva il suo mestiere e Jolanda Continua a leggere

  1. Da “Le Strade di Castellammare di Stabia: i luoghi, i personaggi, le storie” del prof. Giuseppe D’Angelo (pag. 78), apprendiamo che l’antico toponimo “licerta” deriva dalla presenza dell’antica ed estinta famiglia nobile stabiese “Certa” che abitava nella zona, per cui si diceva “luogo dove abitano li Certa” cioè quelli della famiglia Certa.
Mario 'o piscatore

Ricordi ‘e Natale

Ricordi ‘e Natale
di Giuseppe Zingone

Qualcuno ha detto: ” E il naufragar m’è dolce in questo mare…1

I nostri ricordi appartengono oltre che a noi, a tutte le persone con cui scegliamo di condividerli e negli ultimi anni una consapevolezza antica si fa sempre  più strada nella mia mente: Tutti gli uomini, di tutte le epoche ricordano con affetto la propria giovinezza, i primi amori ed ancor di più amano la propria infanzia, bella o brutta che sia.

Quante volte ci è capitato di sentire alcune espressioni della saggezza popolare o personale, dichiarare con fermezza : “Se steve meglio quanno se steva peggio….” Oppure, “Eh… quanno ero giovane io, era tutta n’ata cosa!”.

A volte ritornano pure quelle frasi inneggianti la religione, la monarchia le dittature. Cosi ognuno dei giovani che incontreremo tenderà a sottolineare come la sua gioventù, era la  “Meglio”.2.

Ma lo era realmente? Lasciamo che ognuno risponda secondo la propria sensibilità, coscienza e cultura, pur con la consapevolezza che vi saranno in tal caso migliaia di versioni della verità, quante sono gli uomini e le donne a cui lo si chiede.

Ultimamente il signor Tucci Michele ha solleticato alcuni piccoli ricordi che erano rimasti momentaneamente imbrigliati nei “fili ra capa”. Ed ecco che me li sono ritrovati in fila proprio uno dietro l’altro. Momenti tristi e felici anche se confesso, quelli belli sono un’altra cosa, ma diamo spazio ai protagonisti. Il signor Tucci prende spunto dal Palazzo ‘e sant’Antonio, ora se questa non è una piacevole provocazione ditemi Voi, cos’altro può essere?

Io incasso e rispondo rievocando i Natali che vedo susseguirsi dalla finestra del secondo piano, che dava affaccio su via san Bartolomeo.

Mario 'o piscatore

Mario ‘o piscatore, foto Giuseppe Zingone

Dei venditori posti li, tra i primi, ecco presentarsi innanzi Mario ’o piscatore, c’è la consorte, il figlio più grande, un signore anziano forse il padre di lui, o di lei… Nei giorni a ridosso del Natale, questo pescivendolo con un minuscolo negozio incassato nel convento delle Suore Adoratrici perpetue, triplicava in larghezza e li dove si poteva anche in altezza. Sommessamente ed educatamente come dell’olio su un tavolo si espandeva, era un big bang ittico. Allora il pesce per me non era un piacere come oggi, lo rifuggivo, guardavo con sospetto queste strane bestie marine che non appartenevano al mondo umano. Alcuni pesci adagiati di fianco, altri ventre all’insù, piovre sinuose e viscide dai mostruosi tentacoli cercavano scampo fuori dalle vasche ed indi trovavano ad aspettarli solo una pentola bollente. E i capitoni e le anguille ne vogliamo parlare? Si tratta dell’unico pesce, venduto solo due settimane all’anno, a cifre da capogiro, sulla cui qualità e bontà a tutt’oggi avanzo seri dubbi. C’erano poi le teste di pesci spada, in bella mostra, dall’occhio vitreo e ammiccante, a catturare l’attenzione dei passanti. E poi gamberi, orate, seppie, calamari, alici, vongole, lupini, ostriche e taratufi, tutto questo alle fredde prime ore del mattino, con ai piedi scarpe bagnate e addosso panni umidi.

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  1. Giacomo Leopardi, l’Infinito, versetto 15, 1819, Canti
  2. La meglio gioventù, di Marco Tullio Giordana, versione cinematografica della omonima raccolta di poesie di Pier Paolo Pasolini del 1954

Don Giacinto ‘O Presebbio

Don Giacinto ‘O Presebbio

di Antonio Greco

( articolo del compianto M° presepista stabiese, Antonio Greco,
pubblicato sulla rivista “il Presepe” numero 66 di giugno 1971 )

presebbio

Presepe napoletano: particolare della “Natività” (opera del M° Opera del M° Antonio Greco)

Don Giacinto “o presebbio” (scherzoso nomignolo affibbiatogli dagli amici intimi), era un modesto funzionario della R. Dogana, conduceva una modesta esistenza tra casa e ufficio. Un sigaro lo fumava volentieri, ma quando glielo offrivano, altrimenti non c’era verso che varcasse la soglia del tabaccaio.
Si imponeva un itinerario fisso tra casa e lavoro senza l’uso del tram, ma, se usciva dal suo abituale, faceva volentieri una passeggiata a fine mese verso S. Biagio dei Librai a curiosare sulle soglie dei fondachi di S. Gregorio Armeno: là spendeva tutti i risparmi di un mese 2.50 o al massimo 4 lire acquistando qualche figurina eccezionale o alcuni accessori o qualche animale finemente trattato.
Fatto l’acquisto si avviava felice verso casa e a chi bene lo conosceva, passando diceva: sono andato a comprare la mia razione di “toscani” e l’altro ammiccando al pacchetto maliziosamente di rimando diceva: “Don Giacì sempre ‘o presebbio!..”.

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Nello Lascialfari 02

‘A Caperrina anni ’50

‘A Caperrina anni ’50

di Nello Lascialfari

Introduzione e brevi note sull’autore
In questa pagina ospitiamo, con nostra assoluta soddisfazione, uno scritto di Nello Lascialfari (stabiese verace attualmente in pensione, amante: del jogging mattutino, della cultura locale e della poesia partenopea).
L’appassionato autore stabiese (immergendosi nei ricordi), ripercorre e delinea mentalmente i suoi trascorsi vissuti, proponendo in questo primo monologo una rivisitazione anni ’50 della celebre “Caperrina” (ovvero, un emozionante “tuffo nel passato” alla riscoperta della vera Castellammare di Stabia).

Nello Lascialfari 01

Castellammare di Stabia: l’artista Aniello Lascialfari (foto Antonio Busanca).

Salve mi chiamo Aniello Lascialfari, per qualche tempo ho condotto su RADIO BOOMERANG un programma dal titolo “Se cantarranno ancora”, il tema era: Monologhi e Racconti su Castellammare, ideati e realizzati da me, intervallati da canzoni e poesie di grandi autori. E appunto oggi vi voglio presentare un monologo su come era ‘a Caperrina negli anni ’50 e su come è adesso nel 2005. Io per fare tutto questo vi racconterò di un mio sogno. Ho sognato di essere ritornato nuovamente giovane, i miei capelli brizzolati, come per miracolo erano diventati neri, neri come li avevo a diciott’anni. Ho rivisto molte persone di tanto tempo fa, la mia piazza, dove ho conosciuto l’amore, quello per gioco e quello importante, dove ho riso e pianto, ma soprattutto ho sentito tanta musica, quella musica che mai nessuna orchestra mi potrà più far sentire, perché la partitura è stata strappata dal tempo, che come un vento veloce e improvviso, tutto spazza via, tutto travolge, persone, cose, costumi e abitudini ed ai superstiti di questa tempesta silenziosa, resta soltanto il ricordo e null’altro. Ma ecco che alcune volte, riviviamo nuovamente quegli attimi irripetibili, come in un film. Chissà perché, quando poi mi sveglio e torno alla realtà, mi ritrovo col cuscino bagnato di lacrime.

‘A Caperrina anni ’50

Buon giorno signò, mi sembra di avervi visto pure ieri, state qua a villeggiare?…. Ah, state facenno ‘e cure termali! Cumme va, oggi non ci siete andato allo stabilimento?… Aggio capito, vulite cunoscere ‘nu poco Castellammare. Io tante spiegazioni non ve le so dare, però si ve sfurzate ‘nu poco ‘e capì il mio dialetto vi posso presentare questa piazza. Io abito qua, ‘ncopp’‘a Caperrina”. Sta piazzetta è veramente bella, ce cunuscimmo tutte quante, ccà nun ce manca niente, ‘e negozi ‘e tenimme tutte a purtata ‘e mane, e si ‘nu magazzino non ci soddisfa, putimmo cagnà; tanto stanno tutte uno vicino a ‘n’ato. Vedite sti guagliuncielle? Mo s’hanno fatto ‘e capille, sanno fatto ‘o carusiello, pensate un po’, in questo piccolo centro ci sono tre negozi ‘e barbiere, e faticano tutte e tre, perché qua c’è molto movimento, questo è un quartiere altamente popolato e poi, nelle case private, in estate si fittano le camere ammobbigliate ai forestieri come voi che vengono a Castellammare pe ffa ‘e cure termali o pe ffa ‘e bagne ‘e mare. Sì pecché sotto Puzzano, vuje redite? Aggio capito!… Sulla Statale Sorrentina, ci sono degli stabilimenti balneari, con sorgenti di acqua sulfurea che sorgono direttamente dal mare, dal mare azzurro comme o cielo e l’acqua è accussì limpida ca v’‘a putisseve vevere! Guardate comme so belle chelli carruzzelle! ‘O cucchiere s’ ha fatto niro pecché sta’ sempe a ‘o sole. Stì carruzzelle portano ‘e furastiere o ‘o mare oppure ‘e terme; quanta storia tenene ‘e carruzzelle ‘e Castiellammare… Continua a leggere