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Il Solstizio…

Il Solstizio…

di Corrado Di Martino

Un’attenta lettura, e l’altrettanto attenta considerazione di un fatto miracoloso descritto in un testo antico; hanno avviato nel naturalista Nando Fontanella, una geniale intuizione.

La chiesa di san Michele al Molare (riprodotta fedelmente dal geom. Esposito Sansone Catello)

La chiesa di san Michele al Molare (riprodotta fedelmente dal geom. Esposito Sansone Catello)

Il testo antico è L’Anonimo Sorrentino, un volume antico, del nono secolo, pervenutoci ad opera del teatino Antonio Caracciolo, che lo aveva tratto a sua volta nel 1626 da un remoto codice beneventano, che in una sorta di latino medievale, narrava la vita dell’abate Antonino. Questo testo, è stato condotto in traduzione ai più e a noi, dal professor Giuseppe D’Angelo: -già dal II secolo dopo Cristo e fino a tutta la seconda metà del 500, si susseguirono scorrerie barbariche,  che portarono lentamente alla caduta, la parte occidentale dell’Impero Romano. La piana del Sarno, fiume al tempo navigabile, gli acquitrini e le paludi che lo circondavano, resero vani gli attacchi della cavalleria longobarda; inutilizzabile anche per gli efficaci livelli di difesa allestibili sui monti Lattari. L’antica città stabiana, quindi, acquisì un’importanza vitale per quanti vi si sarebbero rifugiati, per sottrarsi alla ferocia barbara. In questo tratto temporale, si leva alla storia la figura del Vescovo di Stabia, Catello; particolarmente incline all’accoglienza solidale è detto “Santu Catiello, ‘o santo d”e furastiere”; il patrono dei forestieri. Le incursioni longobarde, fra 580 e 589,  arrivarono a razziare e devastare, finanche, il monastero di Montecassino, fu così che l’abate Antonino,  riparò presso il vescovo della Chiesa di Stabia. Nacque un sodalizio indissolubile, basato su stima e fiducia reciproca. Dediti alla preghiera sul monte Faito, i due santi ebbero una visione, l’Arcangelo Michele, gli esprimeva un volere: – Volo, inquit, ut in quo loco vos orationibus insistere soletis, et ubi cereum ardentem nuper vidistis, oratorium sub meo nomine construatis. Che il professor D’Angelo, in questo breve contributo, ci traduce in- Voglio, che in quel luogo in cui siete soliti attendere con zelo alla preghiera e dove dianzi vedeste un cero ardente, costruiate a mio nome un oratorio…

Il cero ardente, potrebbe essere il Molare che durante il solstizio d’inverno (20-:-25 dicembre di ogni anno) al passare del sole, assume l’aspetto di una candela accesa. Il gruppo Escursionisti Stabiesi e la troupe de’ l’Altra Rete project, hanno filmato il fenomeno, la suggestione vissuta ha davvero dello straordinario; buona “visione”.