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Castellammare di Stabia e le sue Acque

Tiempe belle ‘e ‘na vota

“Tiempe belle ‘e ‘na vota, tiempe belle addó’ state? Vuje nce avite lassate, ma pecché nun turnate?”, parafrasando per intero il ritornello di una vecchia canzone di Aniello Califano, rimettiamo all’attenzione degli affezionati lettori la presente rubrica in cui vengono raccolti, numerosi documenti che testimoniano in modo semplice ed affascinante un passato stabiese non molto remoto. Un passato che sembra essere distante anni luce dai giorni nostri e dal nostro moderno modo di vivere (o sopravvivere) in una società sempre più frenetica e opprimente, che impone un modus vivendi affannoso e alla continua ricerca della modernità o di una acclamata effimera moda del momento. Al fine di salvaguardare, in una vera e propria “banca del ricordo”, il passato tracciato dai nostri padri (il cui solco, purtroppo, per i motivi di cui sopra, sembra svanire e perdersi come le tracce sulla sabbia di un bagnasciuga battuto dalle onde di un incontrollabile burrascoso progresso), verranno qui raccolte e proposte delle rare immagini, locandine d’epoca e quant’altro possa testimoniare l’indiscutibile e fervente attività economica svolta a Castellammare di Stabia, nei bei tempi che furono…

Maurizio Cuomo

Castellammare di Stabia e le sue Acque (ACST)

Castellammare di Stabia e le sue Acque (ACST)

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‘O Rillorgio

( di Catello Graziuso de’ Marini )

Cari amici concittadini stabiesi, vorrei iniziare queste mie riflessioni di primavera da una cosa che ho letto su questo vostro pregevole sito: nella sezione denominata la tombola stabiese, ho piacevolmente e condivisibilmente letto che il numero uno è dedicato alla nostra Castellammare, numero uno al mondo. Mai parole più giuste e Sante sono mai state pronunciate. Sarebbe proprio il caso di dire, mutuando dalla sezione “modi di dire stabiesi” del vostro sito, agli abitanti delle città limitrofe “ammisurateve ‘a palla”.

Piazzetta dell’Orologio

Qual è invero una delle città vicine alla nostra Stabia che possa dirsi anche lontanamente paragonabile a Castellammare per eloquenza, bellezza intrinseca, bellezze naturali, bellezze storico artistiche, deplorenza senile, salubrità dell’aria? A tale proposito mi sono ricordato di una diatriba che vi fu a Piazza Municipio nei primi anni ’50 tra me (accompagnato da alcuni miei inseparabili amici), e un abitante di Boscotrecase.
Dunque, eravamo io, Gennaro Esposito, Antonio “Fatturacanunquaglia” (così soprannominato per la sua propensione all’evasione fiscale) e “Ciruzzo ‘o Spartirecchie”. Continua a leggere

Via Cassiodoro due: il terremoto del 21 agosto 1962

( nei ricordi del dott. Raffaele Scala )

Premessa d’autore:

Caro Maurizio, ritorno con il racconto breve della seconda parte dei ricordi di via Cassiodoro, mettendo a fuoco la sera del 21 agosto 1962, quando ci fu il terremoto, che però non colpì la nostra città, se non per la scossa avvertita in tutte le abitazioni, provocando molta paura ma nessun danno a persone e a cose.
Il racconto ha una sua importanza perché ricorda alle nuove generazioni, cresciute in case in cui ci sono tanti televisori quante sono le stanze e trecento canali sui quali sbizzarrirsi h24, mentre a quei tempi la televisione, uno scatolone enorme, con rivestimento in legno, la Rai trasmetteva soltanto poche ore al giorno. Erano i tempi della preistoria della tecnologia!

Con immutata simpatia. Raffaele Scala.

Castellammare in Televisione (coll. Bonuccio Gatti)

Castellammare in Televisione (coll. Bonuccio Gatti)

In un articolo precedente ho parlato del tempo in cui portavo ancora i calzoni corti ed abitavo in via Cassiodoro. Appartiene a quel tempo lontano, erano gli anni Sessanta, un ricordo ancora vivo in chi lo ha vissuto: quello del terremoto verificatosi nel tardo pomeriggio del 21 agosto 1962, quando due forti scosse di magnitudo sei colpirono le province di Avellino e Benevento, provocando 17 morti e migliaia di senza tetto. In quel tempo, lasciata la casa di Salita I De Turris, dopo una breve parentesi in via Napoli, la nostra balda famiglia Scala si trasferì in via Aurelio Cassiodoro, una traversa cieca di via Giuseppe Cosenza in un appartamentino al piano terra con un piccolo cortiletto e cancello che dava sulla strada. Continua a leggere

Via Cassiodoro

( nei ricordi del dott. Raffaele Scala )

Premessa d’autore:

Caro Maurizio, in allegato ti invio un ricordo lontano della Castellammare che fu, un piccolo racconto autobiografico che spero incuriosisca i lettori e li inviti, a loro volta, a ricostruire il mosaico di quella strada, di quel quartiere, della Castellammare degli anni Sessanta.

Come sempre con amicizia, il tuo, e vostro Raffaele Scala.

Via Cassiodoro

Via Cassiodoro

Doveva essere il 1960 quando andammo ad abitare in via Cassiodoro, una piccola traversa cieca di via Cosenza, in un appartamento al pian terreno, con cortile chiuso da un cancelletto. La traversa era costeggiata dai muri perimetrali del grande deposito di legnami Domenico Rosa Rosa, la cui area confinava con via Cicerone, il neonato quartiere popolare, allora ancora in via di completamento. All’inizio degli anni sessanta entrarono in funzione anche i primi padiglioni della moderna scuola elementare che pose fine alla sconcio del vecchio, precario edificio situato all’altezza di Ponte San Marco.
All’inizio degli anni Cinquanta in realtà il quartiere San Marco ancora non esisteva, solo poche case, il campo sportivo e per il resto soltanto aperta campagna, giardini ed agrumeti profumati. I pochi abitanti, infatti, per andare a messa si recavano nella chiesa Maria Santissima del Rosario, più comunemente conosciuta come chiesa della Starza, in via Cosenza. Continua a leggere

Lardiche a tavola

ricetta di Raffaela Rosato 

ortiche_di_campo

     Le ortiche (famiglia Urticaceae, genere Urtica), o meglio ‘e lardiche come direbbero i nostri contadini, sono piante comuni nel comprensorio stabiano1. Crescono soventemente come infestanti nei terreni ben concimati lasciati a riposo o incolti, nei frutteti e negli orti arborati, si ritrovano spesso anche lungo i viottoli e presso le case di campagna, i vecchi ruderi, tra le fessure dei muri a secco, o anche nelle schiarite tra i boschi (Pignatti, 1982). Raccogliere e cucinare le lardiche oggi, che siamo abituati agli scaffali dei centri commerciali ricolmi di cibi precotti, appare pura pazzia e, ormai, i più ricordano queste piante solo come entità da evitare perché ricoperte di peli urticanti distribuiti sulla superficie delle foglie e dello stelo2. Se si esclude quest’unico aspetto negativo3, che può essere agevolmente superato indossando abiti lunghi e un paio di guanti, e si approfondisce un po’ la conoscenza delle lardiche si (ri)scopre una pianta utilissima, con innumerevoli proprietà4 e dal gusto saporito e delicato che può essere felicemente consumata al pari delle verdure più rinomate (ad esempio spinaci e broccoli). La raccolta delle lardiche può essere fatta in tutti i mesi (generalmente abbondano nei campi tra gennaio e maggio), ricordando di evitare il prelievo di piante troppo fiorite o in seme, perché vecchie e quindi dure. Il raccolto, prima di essere impiegato in numerose ricette, va mondato (spuzzuliato) e lessato secondo il metodo seguente: Continua a leggere