Archivi tag: Stabiae

Facezie d’altri tempi

Facezie d’altri tempi

Si narra di un’avventura ( Stabiesi: gioiosi e irriverenti ) – o disavventura? – che tre stabiesi, simpatici burloni, ebbero una domenica dell’anno 1935 o giù di lì. E come da una loro facezia si fosse originata l’ilarità dei paesani, occasionali festivi passeggeri del tram cittadino. Continua a leggere

Ricordo d’infanzia (da Santa Caterina alla Fontana Grande)

( articolo di Andrea Barbero )

Fontana Grande (foto M. Cuomo).

Fontana Grande (foto M. Cuomo).

La stradina che dal vicolo Santa Caterina, dove io ho abitavo fino all’età di sei anni, conduce “fore ‘a funtana”, era da me percorsa più di una volta al giorno sia all’andata che al ritorno. Si era nei primi anni cinquanta (io sono nato nel 1949). Ogni angolo di quella via rappresenta un dolce ricordo della mia infanzia. Abitavo precisamente al primo piano del portone che si trova subito dopo il forno che s’incontra sulla destra entrando nel vicolo proprio dove c’è quel lungo balcone con tre camere. Il percorso di cui vi parlavo mi conduceva al negozio di barbiere di mio padre che inizialmente si trovava di fronte alla fontane grande e successivamente fu trasferito di fronte all’acqua acidula. I miei ricordi sono fatti di luoghi e di odori che incontravo strada facendo. All’uscita dal portone sentivo subito il profumo del pane cotto con le fascine e appena sfornato. Giravo l’angolo ed altri profumi mi avvolgevano questa volta di sfogliatelle e torte varie provenienti dalla pasticceria Acanfora. Facevo qualche passo ed ecco Continua a leggere

“ ‘O ppane cu’ ‘a tessera ” …e altro ancora!

Gli anni ’30 a Castellammare
( nei ricordi dello stabiese Gigi Nocera )

 Dove si narra della necessità di “tirare la cinghia”:

Non nascondo l’imbarazzo che mi coglie quando i cari amici del Libero Ricercatore mi chiedono di parlare di cose e casi che mi hanno visto testimone.
Tutto ciò mi lusinga e mi preoccupa allo stesso tempo. Mi lusinga perché vuol dire che quanto da me raccontato finora ha trovato una gradevole accoglienza e curiosità. E mi convince altresì che le persone non sono mai sazie di apprendere cose delle quali non sono state testimoni e che neanche i libri più accurati possono ricordare.
La preoccupazione invece nasce dalla consapevolezza di non essere sempre all’altezza delle aspettative. Ma per non tradire le interessate curiosità non mi tiro indietro: tanto, alla mia età (ho 87 anni), posso farmi la pipì addosso e dire che è champagne, e nessuno può eccepire. Ormai non ho più nulla da perdere! Allora eccomi a parlare del “ppane cu’ ‘a tessera”.

'O ppane cu' 'a tessera: Tessera per alimenti (Comune di Castellammare di Stabia).

‘O ppane cu’ ‘a tessera: Tessera per alimenti (Comune di Castellammare di Stabia).

A parziale correzione di quanto ho potuto leggere in qualche blog, il razionamento delle derrate alimentari non venne imposto dal regime fascista, perché “fascista”; ma venne adottato durante l’ultima guerra mondiale perché scarseggiavano effettivamente. La maggior parte di quello che si coltivava e si produceva (farina, olio e poi bestiame, uova, ecc.) veniva destinata alle forze armate. Quello che rimaneva (e non era molto) era a disposizione della popolazione civile. Quindi fu necessario razionare per dare a tutti un po’ di tutto. Continua a leggere

Ciro Birrese (le pitture)

Piazza Giovanni XXIII

Altre opere aggiunte il 4 agosto 2024

Il fare arte dello stabiese Ciro Birrese si impone con singolare creatività nell’attuale momento operativo, riportandolo ad una connotazione in cui si manifesta la lirica ricerca di una sintassi personale e costruttiva, disancorata da influenze stravaganti.
Nella sua produzione, mai inerte nel suo modularsi, c’è il ritmo vigoroso delle cose, della scena del mondo.
Il M° Birrese riesce a darci quel massimo di libertà che è in natura, al punto che le sue tele somigliano ad intime melodie, le cui note vanno ad insinuarsi in un’ordito poetico.
Le sue pennellate, nel rivelare oggetti e luoghi che rappresentano la realtà con immagini evidenti e magiche, traducono pienamente il profondo dettato interiore dell’artista.

27 ottobre 2015

Dott. Tullio Pesola


Galleria delle sue opere:

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Le antiche Ville di Stabiae

( Cronaca dei giorni nostri del giornalista stabiese Francesco Ferrigno )

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Un colonnato di villa Arianna (foto Luigi Casale)

Al di là del parapetto si scorge quel che resta di un prezioso mosaico del complesso archeologico. L’ultimo pezzo, il resto è franato tutto giù dalla collina. Siamo a Villa Arianna, presso gli Scavi Archeologici di Stabiae. Qui il campanello d’allarme sulla conservazione è suonato da molto, come confermato dal presidente dell’Osservatorio Patrimonio Culturale Antonio Irlando: “Bisogna fare presto, il sito stabiano è in pericolo”. Le Ville dell’Ozio, Arianna e San Marco, sono in preda al degrado e all’incuria. Le infiltrazioni d’acqua bagnano i dipinti che cadono a pezzi e gonfiano i pavimenti; le tessere dei mosaici continuano a venir via; i piccioni defecano un po’ dove gli pare; i lavori di restauro sono un’utopia. Le Ville sono di competenza della Soprintendenza Archeologica di Napoli e Pompei, quella da cui il sindaco Luigi Bobbio ha chiesto di distaccarsi per crearne una dedicata ai solo siti archeologici vesuviani.
A mostrarci la situazione di emergenza è proprio il presidente Irlando. Già trovare Villa Arianna è una bella sfida. Nessuna segnaletica avverte il guidatore se dallo svincolo di Gragnano si procede in via Passeggiata Archeologica verso il rione San Marco. L’unico cartello si intravede nella direzione opposta, che ci dirige verso l’angusta stradina che porta agli Scavi. Se si sente un forte odore e si sente abbaiare all’impazzata si è arrivati. Il parcheggio e l’entrata, sulla destra, confinano con un canile. Gli animali non sembrano stare proprio benissimo. Secondo i custodi, la signora proprietaria del terreno confinante, l’ha avuta vinta e i poveri cani sono rimasti lì: sporchi, impauriti e feriti.
L’entrata è gratis, ma solo a Castellammare. A Pompei, invece, è possibile acquistare un biglietto che, tra i siti visitabili a poche decine di euro, comprende anche Stabiae. Fortunatamente non siamo passati prima da Pompei, per cui firmiamo un registro ed entriamo. Il libro ci rivela che ad agosto sono passati di qui circa 1100 turisti, di cui 500 stranieri. “Qui ci dovrebbe essere la fila – afferma Irlando – per vedere pitture e colori uniche nel loro genere”. Per i primi giorni di settembre non si superano le 30 persone. Ci incamminiamo verso la grande villa e, superata l’inaccessibile “Palestra”, si giunge nelle stanze. Nel “Triclinio 3” ci sono feci di piccione ovunque, con a destra dipinti sbiaditi dietro plexiglas impolverati. Poco più in là ci sono le stanze dove venne rinvenuta la Flora o Primavera. Un dipinto che oggi gira il mondo in mostre itineranti. Meglio così: le verrebbero i lacrimoni nel vedere oggi la sua vecchia casa. La copertura di una grande sala perde, in terra ci sono delle pozzanghere, e sulle pitture non si sa bene cosa sia colato. In un angolo, i mosaici che compongono il pavimento sono rialzati: infiltrazioni d’acqua anche qui. E in un altro angolo, tra polvere e tessere venute via ci sono anche cicche di sigarette. “Quando piove le tessere galleggiano” dice il custode. Le segnalazioni dei dipendenti alla Soprintendenza sono cosa nota, si attendono lavori che forse partiranno affidandoli a ditte esterne invece che ai propri archeologi. In altre parti della Villa a fianco ai dipinti sbiaditi sono state apposte riproduzioni digitali di ciò che era, forse per “abituare” già tutti a ciò che sarà. In una stanza c’è un dipinto che sta per cedere, staccato dal muro. “Chissà se quando succederà – riflette Irlando – si avrà la stessa eco mediatica di Pompei oppure basterà un colpo di scopa e nessuno saprà mai nulla di questo”. In terra si notano bende su alcuni mosaici. Sono vecchie di anni: un restauro mai completato. Passiamo accanto ad aree off-limits e a depositi pieni zeppi di reperti catalogati troppi anni or sono. Ci affacciamo sulla città, nella zona più a sud della Villa che la domina. Notiamo i mosaici di cui sopra. Ci scorgiamo e vediamo in basso un poligono di tiro dove si spara in continuazione. Stridono con la quiete che dovrebbe essere e non è. C’è anche quello che una volta doveva essere un rilevatore di movimenti con tanto di fotocellule: ora è vandalizzato, ma probabilmente serviva ad impedire l’accesso agli Scavi da parte dei malintenzionati. Ci dirigiamo a Villa San Marco, poche centinaia di metri lungo via Passeggiata Archeologica. archeggiamo e ci incamminiamo tra piccole costruzioni abitate, campi di cavolfiore, panni stesi. “Uno spettacolo indecoroso, qui ognuno dovrebbe fare la sua parte, Comune e Soprintendenza. E’ una situazione che non si smuove dai tempi di Libero D’Orsi “. Forse abbiamo sbagliato strada. E invece no, poco più avanti si scorge un cartello: Antiquarium Nazionale di Boscoreale. Allora abbiamo proprio sbagliato strada, ma di molto. Non ci perdiamo d’animo, e a fianco all’entrata ormai chiusa della Villa, con tanto di tornelli arruginiti, c’è un segnale di “senso vietato” con su affisso un foglio A4 che ci informa: “Entrata Villa San Marco”, di là. Attraverso altri panni stesi si raggiunge l’entrata. Ma è proprio troppo. Ci giriamo per guadagnare l’uscita e incontriamo un turista. Affannato e sudato, ci chiede appunto se ha sbagliato strada. No, “left”, “right” e ci sei. Buona fortuna.