Archivi tag: Stabiae

Antonio Greco ( Maestro presepista )

( a cura di Enzo Cesarano )

Antonio Greco

Antonio Greco

Da sempre sono esistite persone che non sono diventate ricche e famose nonostante la loro bravura, ma importanti per i propri concittadini. Questo è il caso di don Antonio Greco maestro del presepe ed artista a tutto tondo. Le sue creazioni iniziavano dal nulla, dapprima modellava sapientemente i pastori con la creta, poi passando alla colorazione dei visi, delle mani e dei piedi, finiva con la vestitura, realizzata dalla moglie, la signora Clizia, che lo faceva adoperando i canoni del presepe napoletano del ‘700. Greco ha avuto intuizione e originalità anche nella  realizzazione finale della scenografia, nella quale collocava le sue creazioni, che lo hanno reso nel mondo dei presepi, una figura autorevole e di spicco. Continua a leggere

Undici novembre 2011 ( 11 – 11 – 11 )

Un nuovo scritto dello scrittore di origine stabiese Catello Nastro, inviatoci in occasione di una data particolare (leggasi il titolo). La Redazione di liberoricercatore, ringrazia il carissimo Catello per questo divertente escursus tra: cabala, ricordi e luoghi comuni.

11-11-11

Nella smorfia napoletana il numero 11 indica “’E suricille”, cioè i topolini, topini o sorcini nati da una madre topona detta in napoletano anche zoccola: da cui “figlio ‘e zoccola”, in senso offensivo per indicare un uomo furbo che, pur di procurare un grosso benessere a se stesso, ed anche alla sua famiglia, non disdegna di procurare danneggiamenti morali e materiali alla società civile nella quale vive, naturalmente da incivile. Da notare che il numero 10 indica, sempre a Napoli, Maradona, il grande giocatore che fece parlare di sé e della squadra di calcio della città partenopea per molti anni. Nel calcio, il numero undici, unitamente al sette, costituisce le ali che fanno volare la fantasia dei tifosi di calcio, specialmente nelle competizioni nazionali ed internazionali. Ma lo sapete quali sono gli undici in campo per la smorfia napoletana? Eccoli! 1 – l’Italia, o la patria; 2 – ‘A piccerella o la bambina; 3 – ‘A jatta o la gatta; 4 – ‘o puorco, il maiale; 5 – ‘A mano o la mano; 6 – Chella ca’ guarda ‘nterra o l’organo genitale femminile; 7 – ‘O vasetto, il vaso di terracotta che serviva anche per orinare; 8 – ‘A Maronna o la Madonna; 9 – ‘A figliata, o la prole (un tempo molto numerosa); 10 – ‘E fasule o Maradona (questo grande giocatore, anni addietro fu il pastore più venduto sulle bancarelle di San Gregorio Armeno); 11 – ‘E suricille o sorcini da non confondere coi fans del cantante Renato Zero che, chiamandosi appunto Zero, pur essendo il mio idolo preferito, non può trovare posto nella Smorfia napoletana. Già lo scorso anno, il 10 – 10 – 10 , cioè il dieci di ottobre del 2010, dissi che in tutta la mia carriera scolastica (dall’asilo alla pensione) era la prima volta che vedevo tre dieci. Anzi un anno (oltre mezzo secolo fa), assieme ad un mio compagno di scuola infilammo nel cassetto della maestra un grossa “zoccola”, nella fattispecie genitrice di famiglia numerosa di sorcini. Non appena la maestra aprì il cassetto della scrivania la zoccola saltò fuori dal cassetto e la maestra per poco non saltò fuori dalla finestra, anche perché stavamo al piano terra. Mi arrivarono punizioni da tutte le parti. Meno male che la democrazia era stata instaurata da pochi anni, altrimenti una buona purga di olio di ricino nessuno me l’avrebbe tolta! Oggi la smorfia napoletana ha lasciato il posto al progresso. E’ stata sostituita dal gratta e vinci. Se vince deve ringraziare il n. 46 che indica i soldi, il danaro e quindi la vincita. Se non vince ma si gratta solo deve ringraziare il n. 30 ( Trenta ‘e palle d’o tenente). Non è vero ma ci credo. La settimana scorsa una attempata nobildonna in auto, pur di non farsi sbarrare la strada da un gatto nero ha preferito sbattere con l’auto contro un muro. Poi, naturalmente ha imprecato contro il gatto nero che le aveva portato sfortuna. La Protezione animali non è intervenuta, forse perché non sapeva chi dei due difendere.

Non con una smorfia, ma con un augurio, vi saluto!!!

Catello Nastro

Tragicomicità stabiese

( l’irreparabile oltraggio subito da un’antica fontana cittadina )

” Su segnalazione del naturalista stabiese Ferdinando Fontanella ”
( Castellammare di Stabia: 19 luglio 2010 )

fontana della sanità

fontana della sanità

In uno dei suoi film più fortunati il grande Totò vestiva i panni di un arabo, se non sbaglio il film in questione è intitolato “Totò sceicco” o forse “Totò d’Arabia”, non ricordo. Comunque, in una delle sequenze di questa divertentissima pellicola, il “Principe della risata” si impegna a calpestare il traboccante petrolio che trasuda dalla terra. Lo calpesta e lo appella, con disprezzo, “lo sputo del diavolo”.
La geniale comicità di questa scenetta sta nel fatto che lo spettatore è consapevole dell’immenso valore del petrolio, “l’oro nero”, e gli sembra paradossale e per questo comico, che qualcuno possa così scioccamente rifiutarlo e disprezzarlo.
Questo breve preambolo cinematografico mi serve da spunto per raccontarvi la tragicomica realtà in cui viviamo. Noi, novelli Totò, non calpestiamo zampilli di “oro nero”, l’Italia per fortuna non possiede grandi quantità di questa risorsa, ma ci dilettiamo a schiacciare la nostra più grande ricchezza, il nostro inestimabile patrimonio storico, artistico e naturalistico. In quest’arte noi stabiesi siamo dei veri e propri maestri!
Proprio oggi, passeggiando per via Sanità a Castellammare, ho avuto modo di farmi un “mucchio di risate”, mentre camminavo ho notato che una delle antiche fontane della città, quelle che un tempo a Castellammare, erano sparse un po’ ovunque e che oggi servono come immondezzai, era stata distrutta. Che risate… immaginate lo stabiese che annientava un pezzo del nostro patrimonio. Non me ne voglia il grande Totò, ma ho riso così tanto che alla fine dagli occhi mi scendevano dei “lacrimoni” grandi come una casa. Povera Castellammare… Poveri noi!!!

fontana Sanità

fontana Sanità

 

A documentare e a dimostrare la noncuranza di chi dovrebbe sorvegliare e salvaguardare (o quantomeno, tentare di recuperare), questo importante pezzo di storia di Castellammare di Stabia, in data 6 ottobre 2012, vengono aggiunte 3 immagini fotografiche emblematiche, ritratte dalla dott.ssa Maria Francesca Ruggiero:

La Sanità della fontana… (foto 1)
La Sanità della fontana… (foto 2)
La Sanità della fontana… (foto 3)

Questionario stabiese

ideato da Nando Fontanella

Cari amici LiberiRicercatori ragionando sulla confusione mentale della nostra amministrazione comunale, che quest’anno: dimentica il centenario della nostra Cassa Armonica, usa un logo non ufficiale della città pensando che fosse quello buono e, addirittura, pubblicizza un’altra Castellammare nella sezione turistica del sito web istituzionale.

Ecco, ragionando su questi strambi episodi, mi viene di proporre un test d’ingresso per accedere al Comune, tipo quello che si fa in alcune facoltà universitarie per accertarsi delle competenze basilari dei futuri corsisti. Allo stesso modo propongo un questionario per saggiare le “competenze basilari di cultura locale” che gli aspiranti amministratori dovrebbero avere!

Questionario di conoscenza basilare di cultura locale

( si accettano suggerimenti )

Le prima domanda di questo allucinante test potrebbe essere:

1) La città di Castellammare di Stabia si trova in?

A) Regione Sicilia
B) Regione Abruzzo
C) Regione Campania

N.B.: Per comprendere meglio, approfondire e interiorizzare il primo quiz, agli aspiranti operatori di pubblici impieghi, si consiglia di leggere:

http://www.liberoricercatore.it/?p=411

http://www.liberoricercatore.it/?p=8064

* * *

La seconda domanda all’allucinante test a questo punto, potrebbe essere:

2) Qual é quella esatta?

A) Castellamare di Stabia
B) Castellammare di Stabia
C) Castelammare di Stabia

N.B.: Per comprendere meglio, approfondire e interiorizzare il secondo quiz, agli aspiranti operatori di pubblici impieghi, si consiglia di leggere:

http://www.liberoricercatore.it/?p=4761

* * *

Son certo che se uniamo le nostre forze e riusciamo a preparare una ventina di quesiti, possiamo diventare il primo “Comune d’Italia a numero chiuso”, precluso agli amministratori ignoranti di cose locali. Ora tocca a voi, attendiamo le vostre proposte…

Quell’obbrobrio canoro bianconero, che non fa onore

( a cura del Dr Alfonso Santarpia, In stampa su Sport People )

“Invio un articolo che sarà pubblicato a breve su una rivista di cultura sportiva, in cui analizzo il furto retorico della tifoseria juventina sulla nostra canzone napoletana ‘O surdato ‘nnammurato. Mi piacerebbe che lo facessi leggere anche ai lettori di liberoricercatore.it, perché sono stabiese e perché il fenomeno di appropriazione culturale che si è assistito a Torino, può innescare dinamiche pericolose”.

L’incontro calcistico Juventus-Napoli, conclusosi 3 a zero, è sotto gli occhi di tutti, la Juventus ha manifestato un gioco aggressivo e ben organizzato, meritando la vittoria ampiamente su un Napoli irriconoscibile.
Una legge psicologica semplice conduce «il tifoso vincente» ad una dinamica di fierezza e di gioia, con delle specifiche punte di sadismo leggero e goliardico per la squadra avversaria incarnata dai tifosi perdenti, delusi, nel nostro caso, dai tifosi napoletani.Napoli-Juve Tifosi che vivono «di pane e pallone», e si amareggiano quando «questo pane», è amaro per una sconfitta ingiusta o per una partita persa senza gagliardia. Pane ancor di più amaro, quando chi vince è la Juventus, simbolo di una passata supremazia calcistica e di una città, Torino, che ha rappresentato per molti napoletani, il motivo di una partenza lavorativa e di uno sradicamento dalla propria cultura di origine.
Seguendo questa linea di analisi, era prevedibile e nella natura del processo, costruire a cura del tifoso bianconero, una retorica dell’affermazione di sé centrata su una reale superiorità tecnico-tattica in campo che non si osservava da parecchio tempo oramai. La Juventus sembrava «fare la partita della vita», questa attitudine costituisce il segno di una squadra rianimata, operaia e grintosa che considera l’avversario napoletano con rispetto. La squadra bianconera dimostrava una freschezza ed una modernità di pensiero-gioco e si rendeva protagonista anche di una elegante retorica del festeggiamento. Come già in altre occasioni, a fine partita, come alla fine di uno spettacolo di danza, i calciatori bianconeri «mano nella mano» (in una coreografia a semicerchio caratteristica di uno spettacolo di danza gruppale), si sono avvicinati al pubblico, ringranziandolo per il sostegno e riconoscendosi nella gioia condivisa, una qualità di gioco, che si configura come una raffinata e “maschia danza”, che meriterebbe l’onore del tricolore. In accordo con questa nuova Juventus, ci si aspettava un tifoso juventino, intelligente, ironico, moderno, munito di una retorica pungente, fondata sulla fierezza del bel gioco, associata a tipici sentimenti di affermazione calcistica, espressi con frasi e giochi di parole che attecchiscono al proprio universo culturale: «vi abbiamo annullato sul piano di gioco», «vi abbiamo distrutto», etc. Mostrando il goal di Vidal a gogò come emblema di un gioco, a tratti, brillante. Quindi, ci si aspettava una contrapposizione di metafore culinarie, in caso di vittoria, il Gianduiotto per gli juventini e la sfogliatella-polpetta-babà per i napoletani. Juve-Napoli-6-Ansa_h_partb Così è stato, in certi momenti del post-partita, in un clima sportivo di sfottò, i tifosi della Juventus lanciavano, nei bar come in rete, frasi di questo tipo: «vi ha abbiamo dato 3 Gianduiotti», «vi abbiamo servito il vassoio misto di Gianduiotti», «ti sono piaciuti i Gianduiotti? ».
Fin qui, tutto evoca quel misto di leggera aggressività che si mischia al riso, solletica il tifoso dell’opposta fazione, istiga sottilmente, innervosisce in maniera soft, entrando di fatto in qualcosa di giocosamente folklorico e attivando sane dinamiche competitive, e in alcuni caso animando e nutrendo amicizie tra sportivi di opposte fazioni.
Purtroppo a queste giocose dinamiche faziose, si sono opposte alcuni striscioni juventini vergognosi: «Vesuvio lavali» (a dir la verità in un pessimo inglese, infatti andava scritto Vesuvio wash them), «Avete perso l’immondizia dal pulman», «Benvenuti in Italia». per citarne solo alcuni. Striscioni che denotano sentimenti sadici e razzisti assai primitivi. Ahimé, sono alcuni elementi di un modello retorico già conosciuto.
Come si fa in un paese civile, anche solo per gioco, ad augurare una disgrazia ad un gruppo di uomini e donne della stessa nazione?
Com’è possibile che il giudice sportivo non punisca queste forme di sadismo primario? Non si capisce che si genera violenza?CALCIO: SERIE A; NAPOLI-JUVENTUS
Violenze che si sono espresse anche fisicamente su differenti famiglie napoletane che si recavano allo stadio. Queste espressioni razziste e sadiche sono purtroppo tipiche di molte frange violente delle tifoserie del nord, e sono vergognose per un paese civile. Spesso si tenta di giustificarle, dicendo che i fautori sono un numero esiguo di persone e che la maggioranza dei tifosi resta nell’ironia sportiva.

Però quello che è successo in Juventus-Napoli 3-0, del 01/04/2012, a fine partita, è qualcosa di grave, più grave, per quantità di persone implicate, e soprattutto per gli «effetti emotivi» osservati sui tifosi partenopei, soprattutto i più caldi. Il fatto, per chi non fosse a conoscenza, è questo: una larga fetta dei tifosi juventini, presenti allo Juventus Stadium, a fine partita, ha intonato le note di «’O surdato ‘nnammurato» (Il soldato innamorato) notissima canzone napoletana del poeta Aniello Califano, musicata da Enrico Cannio nel 1915 e patrimonio non solo della cultura partenopea ma vanto della canzone italiana nel mondo. Storicamente, questa canzone è un vero e proprio inno della tifoseria partenopea: fu nel 1975, in occasione di una trasferta contro la Lazio (rete di Boccolini per il Napoli e provvisorio primo posto in classifica) che fu cantata, un po’ casualmente dai tantissimi spettatori azzurri all’Olimpico di Roma. «’O surdato ‘nnamurato”» è stato un coro che solo recentemente è tornato in auge tra i tifosi napoletani, perché negli anni passati, quando le presenze napoletane in trasferta erano di caratterizzazione maggiormente ultras, questo coro veniva apertamente boicottato dallo zoccolo duro del tifo partenopeo fino alla sua scomparsa. (M. Falcone, 2012, corrispondenze). Probabilmente perché si poteva essere esposti ad una prototipizzazione napoletana, ritenuta antipatica e fuorviante, quella del napoletano pizza-sole-mandolino che diventa troppo riduttiva e che non fa altro poi, per osmosi, che alimentare tutte le altre stereotipizzazioni tipiche del napoletano (o per estensione del meridionale in genere): sporco, cattivo, ignorante, che non ha voglia di lavorare, imbroglione, disonesto, ecc. (ibidem).
Attualmente questo inno è ritornato ad essere LA CANZONE, nella quale tutti i napoletani sportivi rispecchiano la gioia e la goduria della vittoria: e scorrono facili le immagini gloriose delle splendide partite di Champions League, fierezza dei tifosi partenopei. napoli_juve_fantasia
Proprio questo stesso inno, cosi altamente rappresentativo della cultura e della gioia napoletana, è stato cantato da tutti i tifosi juventini in occasione di Juventus-Napoli, negli ultimi minuti della partita e nel post-partita, video poi diffuso largamente ed in maniera fiera dai tifosi della «Signora» sui vari social networks. Questa appropriazione culturale, rappresenta un modello retorico collettivo da stadio, inedito, pregno di una esagerata aggressività, che senza alcun dubbio sarà ripetuto da altre tifoserie, contro i partenopei (vedere già Lazio-Napoli, del 7 aprile 2012).
Qui, non si tratta più del piacere della vittoria calcistica sull’altro come affermazione tecnico-tattica sportiva o come valorizzazione del proprio Sé-culturale. In verità, la dinamica dell’appropriazione dei canti altrui «da stadio» non è del tutto nuova, è stata spesso e volentieri usata come pratica per così dire di sberleffo nei confronti dell’avversario: l’avversario canta il coro X come tormentone? Lo batti e per beffa gli ricanti il suo stesso «canto di guerra». È successo spesso ma più che altro su cori meno identitari del tipo «La capolista se ne va», che poi viene ricantato dai tifosi che la capolista l’hanno battuta (M. Falcone, 2012, Corrispondenze).
Qui è diverso, si tratta di una forma regressiva di sadismo che mira all’umiliazione dei fondamenti identitari della cultura altrui, in questo caso, quella partenopea. In una nota versione in rete, si ascolta in sottofondo un tifoso juventino affermare rivolgendosi ai partenopei ed alla telecamera: «umiliati fino in fondo». E quando l’intero stadio si abbiglia di queste espressioni, la forza del messaggio aggressivo diventa fortissima.
Il meccanismo psicologico è rubricato in letteratura psicoanalitica (Melanie Klein) con il nome d’identificazione proiettiva, ed è estensibile, sotto la spinta della folla, a fenomeni di massa.
Funziona così: si entra, spinto da un’incertezza identificativa e da collera, nel mondo simbolico-identitario dell’altro per controllarlo e possederlo. Questo meccanismo è il frutto proprio di un vuoto identificativo ma soprattutto di una collera reattiva, non si dimentichi che i tifosi juventini (vincenti per definizione) hanno dovuto subire molte sofferenze ed umiliazioni negli ultimi anni. Perché impossessarsi di un elemento cosí caratteristico di un’altra cultura, se non per una mancanza di un universo simbolico-identificativo con cui esprimere la propria nuova identità e nuova forza? Restando nel canoro, un tifoso napoletano avrebbe le sue musiche in dialetto, un romano avrebbe i suoi stornelli, sia per gioire, sia per beffeggiare, per fare qualche esempio. Nessuno oserebbe mai pescare dalla cultura del «nemico sportivo» un qualcosa di cosí fortemente identitario per affermarsi, sarebbe un segno implicito di inferiorità culturale, di mancanza di creatività o ancora peggio d’un profondo desiderio reattivo di umiliare. Forse, neanche nel mondo calcistico internazionale, potrebbe mai succedere che all’atto della vittoria della propria squadra si usino gli elementi cosí rappresentativi della cultura della squadra perdente, esibendoli come segni di dominanza. 150148197-367x270
Inutile parlare, della buffa e goffa interpretazione canora del pubblico bianconero, costituita in parte dai tanti tifosi di origine napoletana, ma quello che stupisce, è che una tale espressione di «frustrazione identificativa» si è estesa a tutto lo stadio ed in rete. I tifosi juventini non capivano e non capiscono che attraverso «quell’obbrobrio canoro», teso ad umiliare, stavano esprimendo non solo il peso delle loro frustrazioni passate ma anche il loro vuoto culturale identificativo e la mancanza di una creatività propositiva di cui la nuova Juventus, avrebbe bisogno.
Questa operazione retorica dei tifosi juventini del cantare «’O surdato ‘nnammurato», dovrebbe inorgoglire i napoletani più avvertiti per il prestito culturale. Visto che una canzone di una tale «forza identificativa», i tifosi bianconeri non ce l’hanno.
Se ad una lettura attenta, «quel gesto collettivo di canto», è innocuo, misero, «una zappa sui piedi», controproducente per i supporters della Juventus, alla luce di un ritorno ad un’eleganza di stile degna di un passato glorioso, glorioso anche per il modo nobile con cui si gestiva la supremazia in campo. E non si dimentichino le parole eleganti e poetiche di Edgar Davis (un ex-giocatore della Juventus) sullo spirito vincente della squadra torinese: «Con la Juventus ho imparato a vincere. Non so com’è successo, è qualcosa che si respira dallo spogliatoio, sono concetti che vengono tramandati da giocatore in giocatore, è il sentimento che ti trasmettono milioni di tifosi e non c’è club nel mondo che ti faccia lo stesso effetto» (http://iojuventino.net/).
Ad una lettura superficiale, ed eccessivamente emotiva, operata dai tifosi napoletani più facinorosi e spesso fragili, per storie personali, «quel gesto collettivo di canto» potrebbe rappresentare un minacciante attacco ad uno dei perni dell’ identità culturale napoletana, la sua musica, internazionalmente riconosciuta. Per molti di «quei tifosi facinorosi» la musica napoletana struttura e supporta. Allora «quel gesto collettivo di canto», potrebbe essere un’accensione perversa di una miccia che potrebbe generare una rabbia primitiva in una certa frangia della tifoseria partenopea, che potrebbe esprimersi in una violenza aperta e distruttiva contro il tifoso bianconero, in vista del match di finale di coppa Italia. E non saremmo più davanti ad una partita di calcio.
E se così sarà, «quell’obbrobrio canoro bianconero», ad oggi povero e misero, costituirà una provocazione imbecille e avrà il potere retorico di aggiungersi a quelle scritte sadiche e razziste nello stadio e in tal modo vincere, sì vincere, da subito, uno scudetto speciale, quello della vergogna.

Dr Alfonso SANTARPIA
Ph.D, psicologo
Sigmund Freud Institute Paris