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Proverbi stabiesi

a cura di Maurizio Cuomo

Al fine di preservare i vecchi detti stabiesi da una probabile estinzione generazionale, ne raggruppiamo a seguire alcuni tra i più noti.

Proverbi stabiesi

Proverbi stabiesi

A San Michele ‘a castagna sotto a ‘o pere
(A San Michele la castagna sotto al “piede”)

I lussureggianti boschi stabiesi di Quisisana (tradizionale oasi di frescura estiva) e le ampie zone del Faito coltivate a castagno, nel primo periodo autunnale offrono agli improvvisati raccoglitori in cerca di una boccata di aria salubre, la possibilità di portare a casa un abbondante cesto di prelibate castagne da fare al forno, lesse o arrostite. Poiché nel suddetto periodo è festeggiato San Michele Arcangelo (29 settembre), Patrono di Scanzano e Compatrono di Castellammare di Stabia, in devozione a detto Santo ha avuto origine il seguente caratteristico detto: “A San Michele ‘a castagna sotto a ‘o pere” (“pere”: inteso come piede d’albero, in dialetto stabiese “‘o pere ‘e castagno!”).

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L’abbigliamento

Gli anni ’30 a Castellammare
( nei ricordi dello stabiese Gigi Nocera )

Le discrete e simpatiche sollecitazioni dei miei giovani amici stabiesi mi inducono, ogni tanto, a parlare dei miei ricordi giovanili. Ciò mi obbliga ad arrampicarmi agli ormai sottili e aggrovigliati fili della mia memoria (“‘a vicchiaia è ‘na brutta bestia!”, diceva mio padre). Ma per mia fortuna i cromosomi ereditati dai miei genitori, e il costante esercizio cui sottopongo questo meraviglioso giocattolo che è il cervello (come lo chiamava Charlie Chaplin) mi permettono di soddisfare le loro richieste. Ciò è dovuto anche al fatto che ero un bambino, un giovane, curioso di tutto; tutto mi interessava. Ero un osservatore attento. Quindi non ci si deve stupire se i ricordi che ogni tanto affiorano nella mia mente sono abbastanza precisi. Del resto è noto che i vecchi ricordano bene le cose del lontano passato e dimenticano facilmente i fatti recenti.

Anni '30 - Il tram Castellammare - Sorrento

Anni ’30 – Il tram Castellammare – Sorrento

E veniamo a noi. Io ho avuto la fortuna di vivere gli anni della mia fanciullezza, prima giovinezza nel centro storico di Castellammare. Dove vi abitavano famiglie di tutti gli strati sociali. Dal sotto-proletariato, agli operai, dagli artigiani ai negozianti. Nella mia stessa famiglia convivevano due categorie sociali: mio padre modesto, ma dignitoso impiegato statale e mio nonno materno benestante commerciante. Questo privilegiato osservatorio (la strada e la famiglia) mi permette ora di soddisfare la curiosità del miei amici stabiesi che vogliono sapere come ci si vestiva allora. Gli uomini, quasi tutti e quasi sempre, portavano il cappello. Specialmente coloro che appartenevano alla piccola/media borghesia. Anche se l’abbigliamento era modesto il gilé, con numerosi taschini, completava l’abbigliamento. Ma siccome tutto aveva una funzione, in uno dei suoi molti taschini si riponeva l’orologio (allora non erano in voga quelli da polso) tenuto in sicurezza da una catenella (molte volte d’acciaio, poche volte d’oro o d’argento) infilata in un’asola dello stesso gilé. Negli altri taschini si riponevano le monete metalliche allora in corso. Dato che la unità di misura monetaria era la lira, buona parte delle merci che si comprava era pagata in centesimi. All’età di 10/11 anni andavo a fare il garzone da un barbiere che si trovava di fianco alla Chiesa della Pace. L’importo della mercede che ogni tanto si degnava di darmi era a sua completa discrezione. Una sola condizione garbatamente gli ponevo: che fosse tutta in centesimi. Quando questo modestissimo frutto del mio impegno, lo consegnavo a mia madre mi sembrava di donarle un tesoro. E sentivo forte l’orgoglio di aver partecipato anch’io al miglioramento delle sorti economiche della famiglia (figuriamoci! Con pochi centesimi!).  Continua a leggere

Leggo e ripropongo…

gli articoli che riguardano in qualche modo la nostra Castellammare, ma di altrui firma, vengono riproposti a beneficio dei nostri lettori nella rubrica ” Leggo e ripropongo… “.

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A volte davvero non si riesce a comprendere, perché a Castellammare si ostacolino quelle poche, belle, realtà territoriali… a malincuore apprendiamo che la prossima mostra presepiale organizzata dagli amici dell’ASAP (Associazione Stabiese dell’Arte e del Presepe), rischia di saltare perché Cappella Sant’Anna (sua location storica) è andata in affidamento ad altre associazioni… A seguire il comunicato apparso in questi giorni sul web:

MOSTRA DI ARTE PRESEPIALE CITTA’ DI CASTELLAMMARE DI STABIA/CAPPELLA SANT’ANNA

Per chi ha avuto il piacere di farci visita, pubblichiamo e foto dell’allestimento dello scorso Natale perché, a futura memoria, con ogni probabilità, darà testimonianza dell’ultima mostra presepiale fatta a Cappella Sant’Anna.

Cappella Sant'Anna - L'ultima mostra presepiale

Cappella Sant’Anna – L’ultima mostra presepiale


Non accampiamo pretese, non lo abbiamo mai fatto, non rivendichiamo diritti per la mancata assegnazione di questo spazio, affidamento richiesto dalla nostra associazione dal 2010 per farne, come dichiarato mille volte verbalmente e per iscritto, un polo delle Arti, uno spazio dinamico, flessibile e condivisibile con tutti coloro che ne avessero fatto richiesta, nessuno escluso.
Fino ad oggi siamo stati in silenzio evitando polemiche inutili, la critica distruttiva non è nella nostra natura, in una “piazza” difficile come Castellammare, sappiamo bene che la strumentalizzazione politica è sempre dietro l’angolo e lo potrebbe essere ancor più in questo particolare periodo di grosse tensioni legate alla chiusura degli impianti termali ed agli annosi lavori di completamento della villa comunale.
Non polemizziamo, dunque, ma abbiamo il dovere morale di spiegare le cose come stanno.
Avevamo più di una ragione per credere nella VII Mostra, con l’avvicinarsi del Natale, avevamo iniziato a pubblicare le immagini delle mostre precedenti sulla nostra pagina facebook, eravamo certi che con un po’ di buona volontà si poteva trovare la soluzione che salvasse come si suol dire “capra e cavoli”, permettendo a migliaia di persone di continuare ad ammirare l’Arte dei presepisti stabiesi senza ledere i diritti degli assegnatari.
In più esisteva un Gentlemen‘s Agreement che il Sindaco nell’incontro del 7 settembre ha ricordato e ribadito più volte. A quanto pare questo patto non è stato né rispettato, né tantomeno preso in considerazione.
Ci è stato proposto di ridimensionare la mostra in termini di spazio rinunciando all’abside ed allo spazio centrale (che sarebbe stato occupato da palco e sedie) o in alternativa di accontentarci di uno spazio laterale, uno sgabuzzino fino a pochi mesi fa in uso ai messi notificatori.
Proposte inaccettabili per mille motivi, sicurezza dei visitatori in primis.
Se questa non è una mancanza di apertura, un tentativo di umiliare una manifestazione: bella, pulita, di successo, una di quelle rare iniziative (se non l’unica), a costo zero per le casse comunali, davvero non saprei come definire l’ostracismo che abbiamo subito.
Che dire, abbiamo tanto amaro in bocca e pur non comprendendo il motivo per il quale non siamo stati presi in considerazione per una gestione in sinergia della struttura, accettiamo questa decisione.
Ci dispiace deludere le migliaia di persone che ogni anno venivano a farci visita (diverse decine in 5 edizioni), i nostri Amici sostenitori e tutti gli appassionati del Presepe.
Nella speranza di portare a compimento il lavoro iniziato già da mesi ci rimane ancora qualche possibilità, una delle quali offerta dal Sindaco che ci ha proposto uno spazio alternativo nel quale poter esporre, proposta, che valuteremo con molta attenzione.
Come ben capirete, i tempi sono veramente ristretti all’osso per un cambio di location, ma faremo l’impossibile per non mancare al tanto atteso appuntamento Natalizio.
Cosa aggiungere… Auguriamo le migliori fortune alle associazioni che gestiranno Cappella Sant’Anna, nella certezza che sapranno fare grandi cose e rendere quella chiesetta ancora più bella di quanto siamo riusciti a fare noi.

Associazione Stabiese dell’Arte e del Presepe

Comunicato tratto da: facebook/PresepeStabia Continua a leggere

L’Isis degli anni Cinquanta

L’Isis degli anni Cinquanta: la minaccia dalla penisola sorrentina

(con il massimo rispetto per gli amici costieri: mio zio era di Meta)

( di Catello Graziuso de’ Marini )

Cari amici del sito, le nefaste cronache degli ultimi giorni afferenti gli attentati terroristici che minacciano la società occidentale mi hanno portato alla mente, con le dovute proporzioni, quanto accadde nei primi anni cinquanta, allorquando noi stabiesi fummo costretti a misurarci con una minaccia esterna certo meno sanguinaria, ma altrettanto organizzata e pervicacemente volta alla distruzione delle nostre radici, delle nostre tradizioni, della nostra storia, dei nostri biscotti: i sorrentini.

Via Cantiere (coll. Carlo Felice Vingiani)

Via Cantiere (coll. Carlo Felice Vingiani)

Non vi è certo in questo mio scritto alcun intento denigratorio, anzi, devo dire che i frequenti litigi che caratterizzavano allora i rapporti con i cugini costieri erano spesso originati dall’essere noi stabiesi un po’ attaccabrighe. In ogni caso, ero proprio io – facendo leva sulle origini della famiglia di mio zio, appunto di Meta – a fare da paciere e riportare tutto alla calma.

Mi riferisco a un periodo in cui tutto nasceva dopo una scazzottata nei locali di divertimento di Sorrento, con gli abitanti del posto che finivano, a volte, per cercare la vendetta ai nostri danni.

Vi racconto al riguardo un episodio che oggi, a distanza di anni, suscita in me un sorriso stanco ed accondiscendente, una certa nostalgia, un po’ di allegria, un accenno di commozione, il tutto condito da un’acerba consapevolezza: quant’ eram’ sciem! Continua a leggere

Un giornalista in Redazione: Francesco Ferrigno

Castellammare di Stabia: il Faito è una montagna privata

articolo pubblicato su “Il Gazzettino Vesuviano

Tredici km di tornanti spettacolari, frane, rocce e castagni. Qui si nascondevano i killer del clan, ora è il parco giochi di chi tiene la strada aperta, mettendo a rischio la vita di tutti… Animali lasciati vagare tra la vegetazione, abusivismo, taglio di alberi da legna (e commercio) e piante di marijuana. Chi verrà qui a sottrarre il monte ai padroni?

Un vecchio cartello "impallinato" del Faito

Un vecchio cartello “impallinato” del Faito

Il Faito è una montagna privata. Non ufficialmente, certo: siamo nell’area dell’Ente Parco dei Monti Lattari, versante di Castellammare di Stabia. C’è qualche castagneto e qualche proprietà privata anche sulla carta, poi dovrebbe esserci il demanio. Un po’ di Comune, un po’ della vecchia Provincia, un po’ di Regione. E invece no, nei fatti qualcuno si è appropriato della montagna. Dei suoi alberi, dei suoi campi, della sua legna. Tredici chilometri di tornanti spettacolari per salire in cima, disseminati da dissesti, frane, rocce sporgenti, alberi che oscurano il sole e radici a vista. È una strada ufficialmente chiusa al pubblico da molti anni proprio perché dissestata e abbandonata a sé stessa. Nei fatti è aperta a tutti. Questo versante del monte Faito è pericoloso ed è proprietà privata. Lasciato al proprio destino da quando, negli anni ’90, spietati killer di un clan in piena faida di camorra si nascondevano qui dopo gli agguati in città. Prima, era il paradiso di escursionisti e cacciatori di funghi, c’era un obolo da pagare e un casellante che alzava la sbarra. Continua a leggere