( una tragedia a Castellammare di Stabia )
L’articolo pubblicato a seguire è tratto dalla “Tribuna Illustrata ( 26 agosto 1906 ).
Si ringrazia il collezionista Gaetano Fontana per la gentile concessione.
( una tragedia a Castellammare di Stabia )
L’articolo pubblicato a seguire è tratto dalla “Tribuna Illustrata ( 26 agosto 1906 ).
Si ringrazia il collezionista Gaetano Fontana per la gentile concessione.
( su gentile concessione della dott.ssa Maria Francesca Ruggiero )
L’articolo pubblicato a seguire è ricavato da un documento dattiloscritto inedito.
Si ringrazia la dott.ssa Maria Francesca Ruggiero per la gentile concessione.
( a cura di Enzo Cesarano )
Da sempre sono esistite persone che non sono diventate ricche e famose nonostante la loro bravura, ma importanti per i propri concittadini. Questo è il caso di don Antonio Greco maestro del presepe ed artista a tutto tondo. Le sue creazioni iniziavano dal nulla, dapprima modellava sapientemente i pastori con la creta, poi passando alla colorazione dei visi, delle mani e dei piedi, finiva con la vestitura, realizzata dalla moglie, la signora Clizia, che lo faceva adoperando i canoni del presepe napoletano del ‘700. Greco ha avuto intuizione e originalità anche nella realizzazione finale della scenografia, nella quale collocava le sue creazioni, che lo hanno reso nel mondo dei presepi, una figura autorevole e di spicco. Continua a leggere
Un nuovo scritto dello scrittore di origine stabiese Catello Nastro, inviatoci in occasione di una data particolare (leggasi il titolo). La Redazione di liberoricercatore, ringrazia il carissimo Catello per questo divertente escursus tra: cabala, ricordi e luoghi comuni.
Nella smorfia napoletana il numero 11 indica “’E suricille”, cioè i topolini, topini o sorcini nati da una madre topona detta in napoletano anche zoccola: da cui “figlio ‘e zoccola”, in senso offensivo per indicare un uomo furbo che, pur di procurare un grosso benessere a se stesso, ed anche alla sua famiglia, non disdegna di procurare danneggiamenti morali e materiali alla società civile nella quale vive, naturalmente da incivile. Da notare che il numero 10 indica, sempre a Napoli, Maradona, il grande giocatore che fece parlare di sé e della squadra di calcio della città partenopea per molti anni. Nel calcio, il numero undici, unitamente al sette, costituisce le ali che fanno volare la fantasia dei tifosi di calcio, specialmente nelle competizioni nazionali ed internazionali. Ma lo sapete quali sono gli undici in campo per la smorfia napoletana? Eccoli! 1 – l’Italia, o la patria; 2 – ‘A piccerella o la bambina; 3 – ‘A jatta o la gatta; 4 – ‘o puorco, il maiale; 5 – ‘A mano o la mano; 6 – Chella ca’ guarda ‘nterra o l’organo genitale femminile; 7 – ‘O vasetto, il vaso di terracotta che serviva anche per orinare; 8 – ‘A Maronna o la Madonna; 9 – ‘A figliata, o la prole (un tempo molto numerosa); 10 – ‘E fasule o Maradona (questo grande giocatore, anni addietro fu il pastore più venduto sulle bancarelle di San Gregorio Armeno); 11 – ‘E suricille o sorcini da non confondere coi fans del cantante Renato Zero che, chiamandosi appunto Zero, pur essendo il mio idolo preferito, non può trovare posto nella Smorfia napoletana. Già lo scorso anno, il 10 – 10 – 10 , cioè il dieci di ottobre del 2010, dissi che in tutta la mia carriera scolastica (dall’asilo alla pensione) era la prima volta che vedevo tre dieci. Anzi un anno (oltre mezzo secolo fa), assieme ad un mio compagno di scuola infilammo nel cassetto della maestra un grossa “zoccola”, nella fattispecie genitrice di famiglia numerosa di sorcini. Non appena la maestra aprì il cassetto della scrivania la zoccola saltò fuori dal cassetto e la maestra per poco non saltò fuori dalla finestra, anche perché stavamo al piano terra. Mi arrivarono punizioni da tutte le parti. Meno male che la democrazia era stata instaurata da pochi anni, altrimenti una buona purga di olio di ricino nessuno me l’avrebbe tolta! Oggi la smorfia napoletana ha lasciato il posto al progresso. E’ stata sostituita dal gratta e vinci. Se vince deve ringraziare il n. 46 che indica i soldi, il danaro e quindi la vincita. Se non vince ma si gratta solo deve ringraziare il n. 30 ( Trenta ‘e palle d’o tenente). Non è vero ma ci credo. La settimana scorsa una attempata nobildonna in auto, pur di non farsi sbarrare la strada da un gatto nero ha preferito sbattere con l’auto contro un muro. Poi, naturalmente ha imprecato contro il gatto nero che le aveva portato sfortuna. La Protezione animali non è intervenuta, forse perché non sapeva chi dei due difendere.
Non con una smorfia, ma con un augurio, vi saluto!!!
Catello Nastro
( l’irreparabile oltraggio subito da un’antica fontana cittadina )
” Su segnalazione del naturalista stabiese Ferdinando Fontanella ”
( Castellammare di Stabia: 19 luglio 2010 )
In uno dei suoi film più fortunati il grande Totò vestiva i panni di un arabo, se non sbaglio il film in questione è intitolato “Totò sceicco” o forse “Totò d’Arabia”, non ricordo. Comunque, in una delle sequenze di questa divertentissima pellicola, il “Principe della risata” si impegna a calpestare il traboccante petrolio che trasuda dalla terra. Lo calpesta e lo appella, con disprezzo, “lo sputo del diavolo”.
La geniale comicità di questa scenetta sta nel fatto che lo spettatore è consapevole dell’immenso valore del petrolio, “l’oro nero”, e gli sembra paradossale e per questo comico, che qualcuno possa così scioccamente rifiutarlo e disprezzarlo.
Questo breve preambolo cinematografico mi serve da spunto per raccontarvi la tragicomica realtà in cui viviamo. Noi, novelli Totò, non calpestiamo zampilli di “oro nero”, l’Italia per fortuna non possiede grandi quantità di questa risorsa, ma ci dilettiamo a schiacciare la nostra più grande ricchezza, il nostro inestimabile patrimonio storico, artistico e naturalistico. In quest’arte noi stabiesi siamo dei veri e propri maestri!
Proprio oggi, passeggiando per via Sanità a Castellammare, ho avuto modo di farmi un “mucchio di risate”, mentre camminavo ho notato che una delle antiche fontane della città, quelle che un tempo a Castellammare, erano sparse un po’ ovunque e che oggi servono come immondezzai, era stata distrutta. Che risate… immaginate lo stabiese che annientava un pezzo del nostro patrimonio. Non me ne voglia il grande Totò, ma ho riso così tanto che alla fine dagli occhi mi scendevano dei “lacrimoni” grandi come una casa. Povera Castellammare… Poveri noi!!!
A documentare e a dimostrare la noncuranza di chi dovrebbe sorvegliare e salvaguardare (o quantomeno, tentare di recuperare), questo importante pezzo di storia di Castellammare di Stabia, in data 6 ottobre 2012, vengono aggiunte 3 immagini fotografiche emblematiche, ritratte dalla dott.ssa Maria Francesca Ruggiero:
La Sanità della fontana… (foto 1)
La Sanità della fontana… (foto 2)
La Sanità della fontana… (foto 3)