Archivi tag: storie minime

la retata

La retata

La retata

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Zio Catello e zì Vicenza non erano mai andati d’accordo, in circa ottant’anni di convivenza mai una parola affettuosa, mai un gesto amorevole. Il destino, come al solito dispettoso e bizzarro, li aveva legati l’una all’altro per la vita. Zio Catello, il più anziano dei fratelli di mia madre, pativa un vistoso abbassamento dell’udito, di converso zia Vincenza non vedeva quasi più; solo ombre colorate accompagnavano le sue giornate in casa.
Dopo la morte del nonno, si erano trasferiti in un palazzotto a via Santa Caterina angolo via Cognulo; una casa antica, come tutto il quartiere, un’enorme stanza faceva da camera soggiorno-letto, in fondo a sinistra un piccolissimo locale era la zona cucina; dal finestrino del bagno era possibile passare sui tetti vicini e trovarsi con poca agilità in via Cognulo. Chi si avventurasse oggi in quelle viuzze, potrebbe scorgere ancora un vecchio scaldabagno arrugginito attaccato ad una parete piastrellata.

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Zucazuca, una donna enorme e bella

di Ferdinando Fontanella

Nella rubrica delle “storie minime stabiesi di L.R.”, penso valga la pena ricordare, “Zucazuca”, una donna molto particolare (il motivo lo vedremo a breve) che abitava nella zona collinare di Castellammare di Stabia… un personaggio, molto conosciuto e noto, emerso tutto ad un tratto dai ricordi della mia infanzia. Buona lettura.

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Famiglia colombiana (Fernando Botero,1999)

Zucazuca era un donna eccezionale. Alta quasi 2 metri e talmente grassa che qualcuno azzardava a scommettere che il suo peso superasse tranquillamente i 220 chili.

Però non era brutta, la massa di muscoli e grasso era ben distribuita lungo i 200 cm del suo corpo. Nessuna deformità insomma, solo una donna enorme e bella come un dipinto di Botero.

Era sempre stata spropositata… le sue dimensioni eccezionali, raccontavano le mamme sue coetanee, erano da imputare al fatto che Maria (questo il suo vero nome) aveva succhiato latte materno fino alla veneranda età di 8 anni. Questo allattamento prolungato gli era valso anche il curioso soprannome.

Maria all’età di 5 anni succhiava stando in piedi dal seno della madre che era seduta all’uscio di casa, i compagni di giochi la guardavano con curiosità, mentre i vicini di passaggio gli rimproveravano di essere troppo grande per quella faccenda da neonati, ma lei con calma si staccava dal capezzolo, afferrava la tetta grondante latte e porgendola con generosità ai curiosi diceva “Zuca zuca… che è buono!”. Inevitabile che il suo soprannome da allora e per il resto della vita diventasse Zucazuca. Continua a leggere

Quanno nascette Ninno a Betlemme

Un Natale di sessant’anni fa

Un Natale di sessant’anni fa

Quanno nascette Ninno a Betlemme

Quanno nascette Ninno a Betlemme

Fino alla fine degli anni ’50 i riti liturgici si celebravano in lingua latina. La santa messa, la benedizione eucaristica, i funerali, l’Ufficio Divino (articolato nelle sue ore canoniche di mattutino, lodi, prima, terza, sesta, nona, vespri, e compieta) delle comunità monastiche o delle chiese cattedrali (cioè dove la preghiera era praticata in coro), tutto si svolgeva in lingua latina. Sicché nella messa tutte le preghiere assembleari erano recitate (o cantate) anche dal popolo, sempre in latino. Così, come in latino si recitavano (o si cantavano) le antifone, i salmi, i responsori, le sequenze, le preghiere. E in latino si leggevano anche le sacre scritture della messa domenicale e di tutte le solennità dell’anno liturgico. Le melodie erano quelle del canto gregoriano. Da questo quadro generale scaturiva anche che in certe comunità familiari anche le preghiere devozionali come il Rosario erano recitate in latino.
Praticamente, il fedele che praticava assiduamente la chiesa già all’età di dieci/dodici anni si trovava a conoscere nella lingua latina tutte le preghiere del repertorio a partire dal segno della croce. Però il fatto stesso che il latino non era una lingua trasparente per tutti i fedeli ha prodotto tutta quell’abbondanza di pratiche devozionali che si svolgevano nella lingua italiana, e talvolta anche nei dialetti locali: le quarant’ore, le novene, i tridui, le coroncine, i cicli di predicazione del mese di maggio, oltre poi alle diverse forme di rappresentazione dei misteri (pellegrinaggi, processioni, sacre rappresentazioni, ecc.) in quelle realtà dove più radicata era la tradizione a causa di un comune sentire di una fervida vita religiosa. Oggi ancora si trovano in alcuni libri più completi i testi latini di inni e preghiere le cui melodie gregoriane sono vive nella memoria anche dei più giovani, perché ancora si sentono cantare in certe chiese o in determinate celebrazioni. “Veni creator spiritus” (Vieni Spirito creatore!), “Pange lingua” (Canta, o lingua!) di cui le ultime strofe: “Tantum ergo” (Veneriamo un così grande Sacramento!) si cantavano e si cantano in occasione della benedizione eucaristica, l’inno di ringraziamento “Te Deum” (O Dio, ti lodiamo), il “Credo” e il “Gloria” della messa, “Libera me Domine” (Liberami o Signore) della celebrazione dei defunti, il “Dies irae” (Il giorno del giudizio divino), e tanti altri Inni, Sequenze o Mottetti erano stati patrimonio culturale fino alla generazione dei nostri genitori. Continua a leggere

Emozioni

Emozioni
di Delfina Ruocco 

Diversi mesi fa è venuto nel mio ufficio un signore per affidarmi una pratica; mi ha formulato quesiti, esposto le sue perplessità, chiesti chiarimenti, ed io, come compete al mio ruolo, ho fornito risposte, dissipato dubbi e cercato di esporre nel modo più chiaro possibile qual era l’iter che la pratica avrebbe dovuto seguire. Soddisfatto della consulenza disse che avrebbe meditato su quanto gli avevo detto e sarebbe tornato da me non appena avesse preso una decisione.
Dopo un paio di settimane è tornato; si poteva dare il via alla pratica. Mentre raccoglievo la documentazione e prendevo gli appunti necessari, cercavo di intrattenere una conversazione. Mi piace farlo; sono una chiacchierona e mi piace che i clienti che si rivolgono a me respirino cordialità, si sentano in buone mani, tranquilli e rilassati.

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Scorcio di Castellammare visto dal Campus ex Salesiani (foto Antonio Cimmino).

Ho scoperto, durante la conversazione, che questo signore è un insegnate in pensione; si è parlato del ruolo degli educatori, della responsabilità che questi hanno nella formazione dei giovani e tra una parola e l’altra è venuto fuori che lui aveva collaborato per anni con i Salesiani, quando avevano ancora il loro Istituto qui a C/mare, e seguiva i ragazzi nella loro crescita anche in attività ludiche, organizzando spettacoli teatrali ecc. Continua a leggere

Nascita di un soprannome …

di Ferdinando Fontanella

Nella rubrica delle “storie minime stabiesi di L.R.”, penso valga la pena ricordare, un brevissimo aneddoto accaduto molti anni fa nella zona collinare di Castellammare di Stabia… un episodio che ha poi segnato indelebilmente, con un caratteristico soprannome, la vita di una persona, ma vediamo il perché…

Soprannomi stabiesi

Il soprannome stabiesi

Ebbene, la storiella che mi è stata raccontata che ha interessato per l’intera vita un signore, oggi anziano, è la seguente: molti anni fa, quando ancora avvenivano soventi i parti in casa e per tal ragione veniva richiesto l’aiuto di una mammana, ovvero di una levatrice di fiducia (ogni quartiere aveva la sua mammana), tra le mura domestiche di un’abitazione collinare di Castellammare, venne richiesta l’assistenza di una esperta levatrice per una partoriente; Continua a leggere