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Toponomastica stabiese

( a cura di Maurizio Cuomo )

Questa breve raccolta di “toponomastica dialettale” (ricerca delle origini di alcuni termini in dialetto che identificano una specifica zona cittadina), si propone anche di salvaguardare (come modesto mezzo di conservazione) diversi caratteristici termini cittadini, ormai in disuso.

Toponomastica stabiese

Toponomastica stabiese

Toponomastica stabiese

‘a California
Appellativo che richiama alla mente il periodo dei cercatori d’oro che tentarono di far fortuna nel celebre ed assolato Stato americano, riguardante due zone cittadine: una situata nella parte alta del noto terziere di Scanzano, e l’altra uno spiazzo alberato della Villa Comunale (situato tra la Cassa armonica e ed il lungomare). In entrambi i casi questo toponimo sembra essere stato originato dal ritrovamento il loco di alcune monete d’oro, rinvenute durante i lavori di scavo effettuati per lavori di manutenzione ed ampliamento.


‘a Canestra
Il giardinetto alberato di forma circolare antistante alla Cattedrale e al Municipio stabiese, attualmente conosciuto come la “Canestra”, venne realizzato nel lontano 1875 (su proposta del Consiglio Comunale), come opera di abbellimento al “Largo del Municipio” (attuale Piazza Giovanni XXIII). Il caratteristico termine “Canestra” deriva dalla particolare ringhiera in ferro a forma di canestra sistemata attorno.


‘e Carrettelle
Questo caratteristico toponimo dialettale (quasi totalmente in disuso), indicava via Tavernola. Un esempio su tutti dell’uso comune fatto di questo vecchio toponimo, è dato dall’attuale farmacia Ravallese (sita nella suddetta strada, al civico n. 55), che fino agli anni ’60, era identificata dagli stabiesi nel seguente modo: “A farmacia ‘e carrettelle”.


‘a Jacciera
Il tratto di strada (dislocato in una lieve pendenza del centro cittadino), intitolato al celebre musicista stabiese Luigi Denza (dall’incrocio di via Alvino all’incrocio di via M. Esposito), da molti stabiesi è conosciuto come: ‘A sagliuta d”a Jacciera. Questo singolare appellativo, ancora oggi in uso, trae origini dalla passata esistenza in loco (salendo sulla destra) della ex fabbrica del ghiaccio di Rossano.


‘a ‘Mbricciatella
La strada intitolata a Giovanni Rispoli (concessa su Delibera comunale nel lontano Giugno 1869), che da piazza Matteotti (Ferrovia dello Stato) conduce a piazza Spartaco, spesso e volentieri, da noi stabiesi, viene appellata a nome di ‘Mbricciatella. Questo caratteristico toponimo dialettale, ha indiscutibilmente origini dal primo manto stradale posto su questa traversa cittadina (costruita a spese del Rispoli), composto da pietrame grezzo e breccia (da ciò ‘Mbricciatella).


‘Mmiez”o Viscuvato
Questo toponimo dialettale, ancora di comune uso tra gli stabiesi meno giovani, interessa lo spiazzo antistante la Concattedrale di Castellammare sul quale affaccia l’adiacente palazzo Farnese. Oggi intitolato piazza Giovanni XXIII ed ancora prima come piazza Municipio, questo spiazzo un tempo (fino al 1816 circa) ha ospitato i giardini del Convento di San Francesco d’Assisi. Alla luce di quanto detto, molto probabilmente, il toponimo dialettale, conserva e identifica in modo intrinseco come questo piazzale un tempo sia appartenuto alla chiesa e sia tuttora vicinissimo alla residenza storica dei vescovi della nostra diocesi.


‘o Ponte ‘e Sciucquagliello
Il termine sciucquagliello è il diminutivo di sciucquaglio che significa orecchino, ciondolo, pendente e deriva dallo spagnolo chocallos > pendenti d’oro; il termine spagnolo a sua volta deriva dal latino iocalia > vezzi, gioielli. Si registrano anche le forme scioccaglio, scioccaglia e cioccaglio, ma sono poco usate. In passato, non rara era l’abitudine, da parte di qualche anziano stabiese, di indossare vistosi orecchini. Nel toponimo dialettale, Sciucquagliello era il soprannome di un tale che aveva la cantina (locale adibito alla vendita e mescita di vino ove si poteva anche mangiare un piatto caldo senza troppe pretese, tipo Patraniello prima maniera), nei pressi del ponte che delimita Castellammare da Gragnano (tratto finale di via Cosenza e il Parco Imperiale).


‘a Sagliuta d”o Carcere
La strada in pendenza che congiunge via R. Viviani alla salita Quisisana, alla quale la toponomastica ufficiale ha dato il titolo di salita San Giacomo (perché dal centro antico cittadino sbuca proprio a fianco all’antica chiesa di San Giacomo Apostolo), per buona parte degli stabiesi è meglio conosciuta come ‘a Sagliuta d”o Carcere. Tale voce pubblica vi è rimasta perché buona parte della strada, fiancheggia il vecchio ed austero edificio del carcere, oggi adibito a civili abitazioni.
A seguire proponiamo una breve testimonianza di Antonello Ferraro, che a mezzo e-mail ha suggerito l’inserimento in rubrica del presente toponimo dialettale: “Ciao Maurizio, desidero segnalarti che mia mamma, negli anni 40/50, abitava in via Salita San Giacomo e mi ha sempre raccontato che la sua zona era chiamata così per la presenza del carcere, di fronte casa sua. In tale luogo ancora oggi si vedono le finestre schermate da tavole di legno per evitare che i detenuti potessero affacciarsi. Il carcere era situato a destra salendo nel vicolo (da via Viviani). Saluti Antonello Ferraro”.


‘a Sagliuta d”o Mulino
Il toponimo interessa la prima parte di Salita Ponte di Scanzano, il tratto che va da strada Surripa a via Carmine Apuzzo (per intenderci, la salita che si inerpica ai piedi di Villa Weiss, proprio difronte allo stabile, dove dove poco meno di un trentennio fa, era ubicata la famosa pizzeria ‘O ‘Nfinfero).
Il toponimo ufficiale Salita Ponte di Scanzano oggi è dato da voce pubblica, per la probabile corruzione del toponimo più antico “Porta di Scanzano” (dovuto alla presenza in tale luogo di una delle cinque porte cittadine, poi dismessa). In detto luogo insisteva un mulino ad acqua nelle cui vicinanze vi era una piccola fabbrica di fiammiferi da cucina, ancora nei ricordi di qualche anziano che ricorda bene ‘e micciarielli ‘e Scanzano.


‘a Scala ‘e Tatone
Di fronte alla Capitaneria di Porto, nello stabile che fa angolo con la celebre piazza “Orologio”, è impiantata l’antica “Scala di Tatone”. Poco ripida e a gradoni larghi consunti dal calpestio, questa “Scala” congiunge agevolmente via Bonito alla breve strada Dogana Regia. Erroneamente conosciuta come “Scala di Tatore” (da Tatore comune diminutivo dialettale di Salvatore), per giustezza di cronaca puntualizziamo che questa “Scala” prese il nome del vecchio proprietario: Tatone Pappalardo (per cui la corretta denominazione è la seguente: “Scala di Tatone”).


‘o Vico ‘e mastu Chiavariello
L’attuale via Petrarca, era così denominata, fino agli anni ’60. Il toponimo dialettale ha origine dal soprannome di un vecchio ciabattino (al secolo: Luigi Longobardi) che aveva la bottega nel tratto iniziale della suddetta strada.


… Prossimamente:

‘a Caperrina

‘a Casa janca

‘o Palazzo d”e Tedesche

‘o Ponte d”a chiattona

‘e Quatte vie

‘o Saglie e Scinne

‘o Sommuzzariello

continua …

Farmacie stabiesi di turno nel 1968

Tiempe belle ‘e ‘na vota

“Tiempe belle ‘e ‘na vota, tiempe belle addó’ state? Vuje nce avite lassate, ma pecché nun turnate?”, parafrasando per intero il ritornello di una vecchia canzone di Aniello Califano, rimettiamo all’attenzione degli affezionati lettori la presente rubrica in cui vengono raccolti, numerosi documenti che testimoniano in modo semplice ed affascinante un passato stabiese non molto remoto. Un passato che sembra essere distante anni luce dai giorni nostri e dal nostro moderno modo di vivere (o sopravvivere) in una società sempre più frenetica e opprimente, che impone un modus vivendi affannoso e alla continua ricerca della modernità o di una acclamata effimera moda del momento. Al fine di salvaguardare, in una vera e propria “banca del ricordo”, il passato tracciato dai nostri padri (il cui solco, purtroppo, per i motivi di cui sopra, sembra svanire e perdersi come le tracce sulla sabbia di un bagnasciuga battuto dalle onde di un incontrollabile burrascoso progresso), verranno qui raccolte e proposte delle rare immagini, locandine d’epoca e quant’altro possa testimoniare l’indiscutibile e fervente attività economica svolta a Castellammare di Stabia, nei bei tempi che furono…

Maurizio Cuomo

Farmacie stabiesi di turno nel 1968

Farmacie stabiesi di turno nel 1968

Farmacie stabiesi di turno nel 1968

Farmacie stabiesi di turno nel 1968

Calendarietto: Farmacie stabiesi di turno nel 1968
( collezione privata Maurizio Cuomo )

Bollino Farmacia Del Gaudio

Tiempe belle ‘e ‘na vota

“Tiempe belle ‘e ‘na vota, tiempe belle addó’ state? Vuje nce avite lassate, ma pecché nun turnate?”, parafrasando per intero il ritornello di una vecchia canzone di Aniello Califano, rimettiamo all’attenzione degli affezionati lettori la presente rubrica in cui vengono raccolti, numerosi documenti che testimoniano in modo semplice ed affascinante un passato stabiese non molto remoto. Un passato che sembra essere distante anni luce dai giorni nostri e dal nostro moderno modo di vivere (o sopravvivere) in una società sempre più frenetica e opprimente, che impone un modus vivendi affannoso e alla continua ricerca della modernità o di una acclamata effimera moda del momento. Al fine di salvaguardare, in una vera e propria “banca del ricordo”, il passato tracciato dai nostri padri (il cui solco, purtroppo, per i motivi di cui sopra, sembra svanire e perdersi come le tracce sulla sabbia di un bagnasciuga battuto dalle onde di un incontrollabile burrascoso progresso), verranno qui raccolte e proposte delle rare immagini, locandine d’epoca e quant’altro possa testimoniare l’indiscutibile e fervente attività economica svolta a Castellammare di Stabia, nei bei tempi che furono…

Maurizio Cuomo

Bollino Farmacia Del Gaudio

Bollino Farmacia Del Gaudio

Bollino Farmacia Del Gaudio (finto tessuto – cm 3×3)
( collezione privata Maurizio Cuomo )

Coloniali e Pasticceria di F. Sorrentino

Tiempe belle ‘e ‘na vota

“Tiempe belle ‘e ‘na vota, tiempe belle addó’ state? Vuje nce avite lassate, ma pecché nun turnate?”, parafrasando per intero il ritornello di una vecchia canzone di Aniello Califano, rimettiamo all’attenzione degli affezionati lettori la presente rubrica in cui vengono raccolti, numerosi documenti che testimoniano in modo semplice ed affascinante un passato stabiese non molto remoto. Un passato che sembra essere distante anni luce dai giorni nostri e dal nostro moderno modo di vivere (o sopravvivere) in una società sempre più frenetica e opprimente, che impone un modus vivendi affannoso e alla continua ricerca della modernità o di una acclamata effimera moda del momento. Al fine di salvaguardare, in una vera e propria “banca del ricordo”, il passato tracciato dai nostri padri (il cui solco, purtroppo, per i motivi di cui sopra, sembra svanire e perdersi come le tracce sulla sabbia di un bagnasciuga battuto dalle onde di un incontrollabile burrascoso progresso), verranno qui raccolte e proposte delle rare immagini, locandine d’epoca e quant’altro possa testimoniare l’indiscutibile e fervente attività economica svolta a Castellammare di Stabia, nei bei tempi che furono…

Maurizio Cuomo

Coloniali e Pasticceria di F. Sorrentino

Coloniali e Pasticceria di F. Sorrentino

Coloniali e Pasticceria di F. Sorrentino
( per gentile concessione di Alessandro Sorrentino )

A proposito di pastore e pecore

Gli anni ’30 a Castellammare
( nei ricordi dello stabiese Gigi Nocera )

In questi giorni si è parlato tanto di Mirafiori, ed io proprio nella condizione di dipendente della Fiat ebbi la ventura di assistere alla inaugurazione di questo grande stabilimento. L’evento ebbe luogo il 15 maggio del 1939. Tutti i dipendenti degli altri stabilimenti Fiat dislocati in città furono intruppati per assistere alla cerimonia. La fabbrica dove ero stato assunto distava circa 3 km da Mirafiori e quindi a piedi, inquadrati come soldatini, operai e impiegati ci recammo sul posto dell’evento. La mia eccitazione era al massimo: avrei visto per la prima volta e da vicino il Duce (figuriamoci!).
Giunti sul posto prima degli altri io mi sistemai ad una trentina di metri dal palco delle autorità. Sullo stesso troneggiava una enorme incudine, proprio di una dimensione smisurata.
Pensai subito che fosse di legno verniciata nero. E da qui cominciò la mia dissacrazione dell’evento e dei suoi protagonisti. Che fu poi confermato dal seguito cui assistetti.
Dopo parecchio ritardo giunse Mussolini con il codazzo dei gerarchi fascisti e delle autorità cittadine. Fra le quali naturalmente il vecchio senatore Agnelli, il capo della dinastia, e tutti i più alti dirigenti.
E qui, sempre per comprendere meglio il seguito devo fare una precisazione. Eccola: durante i suoi discorsi Mussolini inseriva sempre una domanda retorica. Ne cito soltanto una. Quando l’Italia invase l’Etiopia nel discorso che annunciava la guerra, chiese: “Camerati, volete voi burro o cannoni?”. La claque ben istruita cosa poteva rispondere? Naturalmente “Cannoni!”
Dunque anche durante la cerimonia di cui parlavo, a un certo punto sparò (facendo fetecchia!) la famosa domanda retorica: “Operai! Conoscete il mio discorso di Milano?”(1)
Domanda accolta da un silenzio totale; neanche una voce si sentì gridare SI! Un silenzio agghiacciante. A questo punto, per qualche secondo che sembrarono minuti, impettito e l’aria truce, dando un vigoroso pugno sulla famosa incudine, riprese con voce stentorea e concluse “Se non lo ricordate rileggetelo!”. Alzò i tacchi e con passo deciso scese dal palco con aria corrucciata seguito affannosamente dalle esterrefatte autorità (ecco perché il titolo del pezzo dell’amico Plaitano …IL PASTORE E LE PECORE, ha risvegliato questo ricordo).
Dell’avvenimento descritto credo di essere uno, se non l’unico, testimone vivente. Di simili ne avrei tanti altri da ricordare, ma… ho tempo; e mi riservo, se graditi dagli amici del Libero Ricercatore, di raccontarli… negli anni a venire.

Gigi Nocera

 
Note:
(1) Il discorso cui si riferiva lo pronunciò a Milano qualche anno prima in occasione di un convegno dei sindacati fascisti. Nello stesso preannunciava delle provvidenze per i lavoratori. (Proprio come ora: nulla cambia sotto il sole).