Il varo a Castellammare
di Maurizio Cuomo
Più che una tradizione il varo è un caro ricordo d’infanzia che ogni buon stabiese porta con sé, vita natural durante.
La nave al suo “battesimo del mare” è il concretizzarsi del lavoro di squadra, che ha dato lavoro a migliaia di operai e un pasto giornaliero ad altrettante famiglie.
Ricordo con assoluto affetto, il “cestino” distribuito al cantiere, che mio padre, sistematicamente sacrificava al personale consumo per condividerlo a casa (una rosetta, un brick di latte, una birra e se andava bene un bicchiere di cioccolata da spalmare).
Il varo di una nave non è soltanto un momento tecnico, né un semplice evento da osservare con curiosità: è un’esperienza che tocca il cuore, un’emozione indescrivibile che scorre nel sangue di ogni stabiese, un rituale che si ripete da secoli e che porta con sé la memoria di un passato glorioso.
È un patrimonio inestimabile, un pezzo di storia che ci appartiene e che ci identifica, un’eredità che merita di essere preservata e tramandata con orgoglio.
Oggi, purtroppo, tutto questo rischia di svanire. Il cantiere navale, simbolo della nostra città, è in pericolo, e con esso anche la nostra memoria collettiva, il nostro legame con il mare e la nostra tradizione cantieristica. Perdere il cantiere significherebbe perdere un pezzo della nostra anima.
A nome di mio padre Domenico, oggi operaio in pensione, dedico a tutti gli stabiesi la sottostante sequenza fotografica (di un varo d’epoca), nella certezza che risulterà gradita. Continua a leggere