Tipografia Elzeviriana
di Giuseppe Zingone
E’ stato il computer con l’ausilio della stampante a decretare la fine della tipografia, in senso generale? Sicuramente! – Viene da rispondere in maniera netta e cristallina e un po’ frettolosamente. – Ma a pensarci bene le tipografie non sono scomparse del tutto, si sono reinventate, hanno cambiato strumentazione, si sono tecnologizzate, perchè ancora oggi nell’era del digitale i libri cartacei e fisici si stampano ancora.
Ricordo perché a me più vicina, la tipografia De Martino, in piazza Giovanni XXIII. Vi entrai da adolescente, poiché in parrocchia avevamo bisogno di un timbro per una nascente associazione, e ne fui incaricato io, dopo un primo sopralluogo del parroco. In questo luogo impervio e rumoroso, mi accolsero muraglie di carta pronta ad essere utilizzata pressata, schiacciata, impressionata ed asciugata. L’odore pungente d’inchiostro, risvegliava e schiaffeggiava gli umori del sangue e dello stomaco. Taniche di prodotti chimici, attendevano il momento alchemico; si tenevano pur sempre in compagnia, in quei pochi metri quadrati dove quei liquidi sintetici, rinascendo a vita nuova si palesavano in manifesti, depliant, biglietti da visita, giornali e libri. Ma i veri portenti erano le macchine da stampa, robuste ed imponenti come Primo Carnera e dai nomi altosonanti come cavalieri medievali. Il vero condottiero in ogni caso, di questo luogo faticoso ed aspro è ancor oggi il tipografo, sotto la cui attenta e saggia guida, il bruco della carta trattata, diviene farfalla.
I tipi Elzeviri: Con il nome di tipografia Elzeviriana esisteva già in Roma una stamperia di proprietà degli eredi Botta, operante agli inizi del 1880. Dei lavori di questa tipografia si serviva l’allora Ministero delle Finanze. Con il nome di Elzeviri s’intende un tipo di carattere tipografico la cui paternità è di Lodewijk Elsévier che nell’anno 1580 fondò una propria libreria a Leida (Olanda) che ebbe notevole successo.1
Molte furono in Europa, in Italia, le tipografie che s’ispirarono nei fatti a questo tipolito, addirittura associandone il nome alla propria attività, così fu anche per Castellammare di Stabia.
La tipografia Elzeviriana, aveva la sua sede, al Corso Vittorio Emanuele numero 81; lo apprendiamo da una pubblicità d’epoca di proprietà di Vincenzo Dolce, gentilmente concessa per questo articolo. Qui si stampava anche un giornale cittadino “L’amico del popolo” (osservatene i bei caratteri di stampa). Già nel titolo era chiaro il riferimento a Jean-Paul Marat e alla politica maratiana dei tempi cari alla rivoluzione francese. Infatti, L’Ami du peuple (oltre ad indentificare lo stesso Marat) fu un giornale fondato nel settembre del 1789 durante la Rivoluzione francese, che tanta eco e riflesso ebbe anche nel regno delle Due Sicilie.
Per conoscere il nome del direttore della tipografia bisogna far riferimento ad un libro a noi diventato caro e che nella edizione del 1937 è stato messo a disposizione da Gaetano Fontana nella nostra pagina Stabiae-book.
Le Acque e il Maestrale, è un testo impeccabile di Piero Girace, che andrebbe anteposto nelle sane letture degli studenti stabiesi, a molti libri, il cui contenuto almeno a livello educativo-didattico è spesso veramente discutibile. Per innamorarsi di Castellammare, c’è bisogno che quotidianamente la si viva, la si ami e la si rispetti, ma soprattutto bisogna conoscerne la storia; questo libro è un buon inizio.
UNA SERATA NELLA VILLA DI MORELLI
Si vede passare, sotto il sole di mezzogiorno, nel corso Vittorio Emanuele, un giovane magro, con una barba alla Nazareno, il cravattone repubblicano, gli occhi vivacissimi: reca un fascio di carte sotto il braccio, e si avvia a passi celeri alla tipografia Elziviriana, dove si stampa un modesto foglio paesano: L’Amico del popolo.
Questo giovane è il direttore della tipografia e del piccolo ebdomadario politico-letterario, il quale sebbene rechi nella testata lo stesso titolo del terribile giornale maratiano è in sostanza un foglio innocente, in cui si agitano gli ideali di una gioventù sognatrice. Il giovane si chiama Francesco Girace. Egli ha saputo della venuta in Castellammare del grande pittore Domenico Morelli, e si affretta a preparare una edizione straordinaria del giornale, per dare il saluto della cittadinanza all’ospite illustre. In questo foglio ogni settimana, oltre i sogni amministrativi, fanno la loro apparizione, consumando più di una pagina, gli ideali letterari ed artistici di un esiguo gruppo di giovani stabiesi. I caratteri elziviri della tipografia, del tutto nuovi per Castellammare, hanno grande successo, e costruiscono, puntualmente ogni settimana, odi barbare di stile carducciano e liriche di sapore stecchettiano.
La notizia della venuta di Morelli si è propagata in un momento in tutta la città, ed ha destato storici entusiasmi in tutti i bravi e focosi artisti paesani. Essi hanno avuto agio di ammirare le tele di questo grande pittore, il quale è un temperamento sanguigno, esuberante, ricco alla maniera tizianesca, ed ha rivelato a tutti un mondo nuovo, in cui la realtà vive nella forma più aristocratica e spirituale. Egli è il creatore del realismo pittorico. I giovani si propongono di conoscerlo di persona. E’ il mese di luglio del 1885.2
Ecco una rara pubblicità d’epoca, della tipografia Elzeviriana di cui riportiamo il testo integrale:
TIPOGRAFIA ELZEVIRIANA del giornale L’AMICO DEL POPOLO, Castellammare di Stabia, CORSO VITTORIO EMANUELE 81.
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Piero Girace parlerà del padre, il barone Francesco Girace, repubblicano, sia in “Diario di uno squadrista” del 1940, che nell’articolo “L’Antenato” apparso sul quotidiano LA STAMPA nell’Agosto del 1951. Presto creeremo una biografia ad hoc a Lui dedicata.
Alcuni volumi pubblicati dalla Tipografia Elzeviriana di Castellammare di Stabia:
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Articolo terminato il 7 febbraio 2023