( a cura di Antonio Cimmino )
Il vascello PARTENOPE, fu varato nel cantiere navale di Castellammare di Stabia, il 16 agosto 1786. Costituita da uno scafo in legno con carena coperta con lastre di rame per proteggerla contro la corrosione e dai parassiti, in luogo della tradizionale pitturazione con miscela a base di zolfo, sego, minio, olio di pesce e catrame, la nave era lunga 55,68 metri, larga 14,40 ed aveva un equipaggio di 680 uomini. Il vascello possedeva tre ponti e l’armamento marinaresco era formato da tre alberi (trinchetto, maestro, mezzana) con vele quadre e il bompresso, piccolo albero sistemato a prua con un’inclinazione di circa 30° rispetto al livello del mare. L’artiglieria era sistemata in una batteria scoperta ed una coperta, ed era formata da 74 cannoni da 28 libbre (peso dei proiettili a palle), 18 carronate cioè cannoni a gittata ridotta, caricati spesso “a mitraglia” per il tiro ravvicinato ed altri 12 cannoni di minore dimensioni. Tutte le bocche da fuoco erano a “canna liscia” cioè l’interno non era rigato elicoidalmente (come avvenne in seguito per dare maggiore precisione al tiro imprimendo al proiettile una rotazione a spirale), per cui il tiro era molto impreciso.
Durante la breve stagione della Repubblica napoletana, il Partenope, dopo l’occupazione di Napoli da parte delle truppe francesi del generale Championnet, venne autoaffondato nella notte tra l’8 ed il 9 gennaio 1799 a Castellammare per ostruire l’ingresso del porto.
Le altre navi affondate nella rada di Napoli furono: il vascello Tancredi (varato a Castellammare di Stabia, il 3 settembre 1789); il vascello Guiscardo (varato a Castellammare di Stabia, il 13 maggio 1791); il vascello S. Gioacchino (acquistato a Malta nel 1784), più piccolo ed armato con 64 cannoni e con un equipaggio di 450 uomini; la fregata Pallade (varata a Castellammare di Stabia, il 18 settembre 1786), lunga 45,47 metri e larga 11,74, armata con 36 cannoni e con un equipaggio di 332 uomini; la corvetta Flora (varata a Castellammare di Stabia, il 15 ottobre 1786), lunga 36 metri e larga 9, armata con 24 cannoni e con equipaggio di 172 uomini; la gabarra Lampreda, tipo di nave a fondo piatto di ausilio alla flotta per le operazioni di imbarco/sbarco.
La distruzione della flotta, avvenuta il 28 dicembre 1798 e l’8-9 gennaio 1799, fu ordinata rispettivamente dal Vicario Francesco Pignatelli e dal Commodoro inglese Campbel. La decisione si distruggere la flotta fu presa da Ferdinando IV allorché lasciò Napoli per imbarcarsi sul Vanguard al comando dell’ammiraglio Hartio Nelson, seguito dai vascelli napoletani Sannita (varato a Castellammare di Stabia, il 12 settembre 1792) ed Archimede più un’altra ventina di unità. Ironia della sorte, il Vanguard nella traversata si trovò in grosse difficoltà per il mare in burrasca e il 25 settembre arrivò a Palermo quasi come un relitto. Nelson non riuscì ad ormeggiare e, trovandosi nel porto siciliano la corvetta Aurora al comando di Giovanni Bausan, questi dovette salire a bordo del vascello inglese per condurlo indenne alla banchina di ormeggio. Il vascello Sannita, invece, al comando dell’ammiraglio Francesco Caracciolo, entrò in porto a vele spiegate ed ormeggiò senza difficoltà con perizia marinaresca. Forse Nelson non dimenticò questo avvenimento quando il 29 giugno del 1799 collaborò con il Re a far impiccare il Caracciolo all’albero maestro della corvetta Minerva. Il più alto affronto per un marinaio!
L’immagine del varo del Partenope, è riportato in un quadro dal titolo “Porti del Regno” dipinto da Jacob Philip Hackert che si trova nella Reggia di Caserta (nell’appartamento vecchio) e precisamente nella “Sala della Primavera”. Questo pittore tedesco (1737-1897) viaggiò molto in Europa e lavorò anche alla corte di Caterina di Russia. Ferdinando IV gli commissionò anche 12 quadri raffiguranti i porti del Regno delle Due Sicilie. I disegni preparatori contenuti in 136 cartelle, si trovano presso la Staatliche Museeum di Berlino.
Notizie storiche e di architettura navale:
Il vascello Partenope fu uno dei primi costruiti a Castellammare utilizzando “piani di costruzione” portati nel Regno dall’ingegnere francese Antonio Imbert proveniente dal Granducato di Toscana. Fu costruita nel Regio cantiere la “sala a tracciare” composta di un enorme pavimento in legno sul quale si disegnava (tracciava) a grandezza naturale le costole, i bagli e gli altri elementi strutturali della nave. Da questi si ricavavano simulacri in legno chiamati “seste” per le successive fasi della lavorazione. La sala a tracciare in scala 1:1 ha funzionato nel cantiere stabiese fino ai primissimi anni ’70 del secolo scorso per essere sostituita da analoga lavorazione in scala, però, 1:10. Gli elementi erano disegnati in scala ridotta su speciali fogli e portati in officina ove un’apparecchiatura fornita di cellula fotoelettrica, seguiva i contorni del disegno e, con una sorta di pantografo (logatome), riportava il tutto a grandezza naturale ed ossitagliava, ad esempio, le lamiere di fasciame. Il summenzionato ing. Imbert portò a Napoli i disegni costruttivi (piani di costruzione) dei vascelli francesi da 74 cannoni , tra cui quelli dell’ing. Jaques-Noel Sané. Da tali disegni nacquero i vascelli Partenope (simile a quello francese Leopard), Ruggiero, Tancredi, Guiscardo, Sannita ed Archimede.
Note:
Le informazioni contenute nella presente scheda sono tratte da: Radogna L., op. cit., pag.83; AA.VV., Guida d’Italia-Napoli e dintorni- La Reggia di Caserta, ed. T.C.I., 2001, pag. 638; Sirago M. Nuove tecnologie nautiche: dal vascello alla nave a vapore, in Buccaro A. – Fabbricatore G. – Papa L.M. ( a cura di), Storia dell’Ingegneria, Atti del I Convegno nazionale, Napoli 8-9 marzo 2006, Napoli, 2006, pag.694; Mafrici M., Il Mezzogiorno d’Italia e il mare: problemi difensivi nel Settecento, pag. 663i in www.storiamediterraneo.it/public/md1_dir/b703; Sirago M., Francesco Caracciolo ed il suo fantasma, in Placanica A.-Pelizzi M.R. ( a cura di),Novantanove un’idea,Linguaggi, miti, memoria, Atti del Convegno di Studi ( Fisciano-Amalfi, 15-18 dicembre 1999), ESI, Napoli, 2002, pagg.485-486; Raimondo R., La pesca del corallo, in torreweb,it/raimondo/corallo.htm; www.maremaremare.it/La_FLOTTA_IN_FIAMME doc; TeleFree.iT, Giovanni Bausan, un marinaio di Gaeta, in www.telefree, Webzine, Storia del terriotorio, 19 marzo 2009).
Per approfondimenti scrivere a: cimanto57@libero.it