articolo di Associazione Stabiae 79 A.D.
La Villa di Arianna, così denominata per il grande affresco rinvenuto sulla parete di fondo dell’ampio triclinio, fu riportata alla luce in epoca borbonica, nella seconda metà del XVIII secolo, dall’ingegnere svizzero Karl Jakob Weber. La struttura risulta molto complessa, articolata da locali di età differenti l’una dall’altra. Il nucleo più consistente comprende la sequenza dell’ingresso, del peristilio quadrato e dell’atrio secondo la successione vitruviana tipica delle residenze suburbane. Il complesso residenziale risale nel suo nucleo originario ad epoca tardo repubblicana, ma venne successivamente ampliata, con l’aggiunta di una serie di ambienti panoramici, nel corso del I secolo d.C. Nell’area archeologica è possibile individuare il quartiere termale, con praefurnium e calidarium (per i bagni di acqua calda) absidato, originariamente decorato in opus sectile. Negli ambienti della ‘villa’, prevalgono mosaici e apparati decorativi raffiguranti amorini, personaggi mitologici, quadretti di paesaggi, medaglioni con busti di personaggi, maschere ma anche decorazioni a grandezza quasi naturale a tema mitologico come il dipinto murale raffigurante “Arianna abbandonata a Nasso” e “Ganemide rapito dall’aquila”, ubicato nel vestibolo annesso. Poco oltre si trova l’ampio peristilio, che si sviluppa per una lunghezza complessiva di 370 metri.
Dalla parte opposta si trova, invece, il nucleo più antico della villa, dove si può notare una serie di cubicoli con pregevoli decorazioni a mosaico che si articolano intorno all’asse canonico atrio-peristilio, tipico delle residenze vesuviane del I secolo a.C.
Tra gli apparati decorativi ritrovati, va sicuramente citata la Flora o Primavera, che fu rinvenuta nel 1759, in un cubicolo della ‘villa’, insieme ad altre quattro figure femminili posizionate nel medesimo ambiente: Diana, Leda e Medea. L’affresco è in terzo stile pompeiano (prima metà del I secolo d.C.), ed è considerata l’opera più importante ritrovata nell’ Ager Stabianus. Dipinta su un fondo verde acqua, la figura femminile si presenta con un abito (chitone) giallo, il capo ornato con un diadema e l’avambraccio con un’armilla (braccialetto d’oro o di altro materiale, utilizzato in epoca romana come ornamento), mentre raccoglie fiori bianchi poggiati in un kalathos (canestro fatto di vimini o di canne). Attualmente la si può ammirare al Museo Archeologico Nazionale di Napoli, poiché fu asportata dalla parete del complesso, per entrare a far parte della collezione borbonica del Real Museo di Portici, insieme a tutti gli affreschi, mosaici e oggetti scoperti sulla collina di Varano.
Altre decorazioni di notevole pregio e bellezza rinvenute nella Villa di Arianna, sono le decorazioni parietali a fondo bianco e giallo, che arricchivano le stanze residenziali collocate lungo il porticato, su cui si apriva il triclinio estivo; “Perseo ed Andromeda”, dipinto murale della parete di una sala attigua al triclinio estivo; “la Venditrice di amorini”, scoperta in una delle stanze annesse al quartiere termale.
Altro particolare della struttura, è la serie di rampe che collegavano il complesso alla costa. Si tratta di una successione di terrazzamenti, allineati negli assi principali alla fronte posteriore della Villa e raccordati sul ciglio del pianoro di Varano dalla terrazza ad archi ciechi. Ad oggi è visibile solo una minima parte della struttura originaria.