articolo a cura di Vincenzo Cesarano
La villa del Pastore risale a un periodo compreso tra l’VIII secolo a.C. e il 79 d.C., essa prende il nome da una statua marmorea (alta circa sessantacinque centimetri, con una base di sedici), risalente al periodo ellenistico, rinvenuta nel 1967 raffigurante un anziano pastore, vestito di pelli, che trasporta in spalla un capretto mantenuto con la mano destra mentre con la sinistra regge una lepre. I primi scavi, effettuati sul pianoro di Varano, furono intrapresi nel maggio 1754 ad opera di Karl Weber, immediatamente apparvero dei muri e furono recuperati i primi oggetti, in seguito furono interrotti per poi riprendere nel 1775, sotto la guida di Pietro la Vega fino al 1778.
Quest’ultima ricerca portò alla scoperta di una struttura che si estendeva a metà tra Villa Arianna e Villa San Marco per circa 19.000 mq. Purtroppo, gli scavi furono nuovamente interrotti e tutto il materiale appena scoperto fu interrato per lasciar spazio alle coltivazioni.
Circa 2 secoli dopo tra il 1967-68 grazie all’opera di Libero D’Orsi, fu nuovamente riportata alla luce quella parte di villa che era rimasta in sospeso, però per proteggere le strutture che si andavano degradando, la Soprintendenza nella persona di Alfonso De Franciscis, decise il reinterro di tutto l’edificio in attesa del permesso per riunire le tre ville. Ancora oggi la Villa è sepolta e attende di ritornare alla luce, ma i problemi burocratici scaturiti dalla causa di esproprio sono ancora presenti.
La villa del Pastore si estende per circa 204.000 mq (considerando il giardino) è divisa in due parti a pianta rettangolare: la zona dell’alloggio e quella del giardino. L’area del giardino ha un estensione che va da ovest verso est ed è delimitato a sud da una parete a emiciclo mentre a nord da un colonnato; al centro si trova una “natatio” con gradinata in marmo.
Elemento caratterizzante del giardino è il muro ad “opus reticulatum” con cubilia di tufo giallo e lava rossiccia, inoltre, nell’angolo sud occidentale, si trova un porticato lungo dieci metri per due di larghezza, pavimentato a mosaico bianco e nero: dal quale si accede in un ambiente a opus latericium caratterizzato da una piccola nicchia affrescata in azzurro. Nello stesso angolo di giardino furono poi ritrovate due ante in laterizio, affrescate in rosso, che permettevano l’accesso a un grosso ambiente. Fu inoltre rinvenuto un piccolo ninfeo quadrato al centro del quale era posto un labrum marmoreo.
La seconda parte della villa è formata da una quindicina di ambienti raccolti intorno ad un cortile centrale, sul lato settentrionale è posto il quartiere termale dove un’esedra funge d’accesso a un impluvium sul cui fondo si apre un larario.
Studi recenti hanno dimostrato che la villa si sviluppava su tre livelli, in quanto, a seguito di alcuni eventi franosi, sono affiorate una serie di costruzioni aventi la duplice funzione di contenimento della collina e come base di sostegno della villa; come le altre edificazioni d’otium stabiane anche la Villa del Pastore era collegata direttamente al mare mediante una serie di rampe che scendevano fino alla spiaggia.
Nella parte dell’emiciclo del giardino è stata ritrovata, il 19 Settembre 1967, la statua che dà il nome alla villa; essa rivela un’espressione di grande serenità, caratteristica dell’atmosfera bucolica dell’età ellenica, sulla superficie marmorea vi sono ancora tracce del colore originario come l’azzurro della veste, il giallo delle spighe, del cestino, dei capelli e il rosso dell’uva.
Enzo Cesarano